Otto e nove giugno, due giorni cerchiati in rosso nel calendario del Palermo. Sono quelli, rispettivamente, del Consiglio federale della Figc, in programma domani, 8 giugno alle 12, e dell’assemblea dei soci del club, martedì 9 giugno, la prima con la presenza dei rappresentanti dei tifosi che hanno aderito all’azionariato sociale.

Il Consiglio federale della Federcalcio sancirà la promozione del Palermo in Serie C, l’assemblea di martedì farà chiarezza, in un modo o in un altro, ma si spera definitivamente, sulla spaccatura in seno alla società culminata e deflagrata con le dimissioni dalla carica di vicepresidente di Tony Di Piazza, socio della famiglia Mirri con la quota di minoranza del 40%. Una successione di date che ha del simbolico, in un certo senso, perché ricalca il susseguirsi degli eventi in casa rosanero, dal 22 maggio in poi: dopo l’annuncio del consiglio direttivo della Lega Dilettanti di proporre alla Figc di cristallizzare le classifiche dei nove gironi con la promozione delle prime e la retrocessione delle ultime 4 squadre, con il conseguente salto del Palermo in Serie C, arrivò come un fulmine a ciel sereno la notizia delle dimissioni di Di Piazza e, a seguire, la pioggia di comunicati sulle ragioni di quella decisione, sull’addio a Pergolizzi e su proposte di versamento delle quote sociali in Hera Hora, prima pubblicati sui social e poi rimossi. Una bulimia comunicativa unilaterale che fece capire che quel cielo, apparentemente sereno, in realtà era pieno di nuvole e che ha causato sconcerto e disorientamento tra parte dei tifosi, instillando dubbi sulle potenzialità economiche del club che, come abbiamo scritto anche ieri, non hanno fondamento. Sta di fatto che la gioia per la promozione, già smorzata per le conseguenze del coronavirus sulla vita di ogni giorno e sul calcio stesso, è stata messa in secondo piano da questioni societarie che ai tifosi affamati di calcio vero interessano ben poco.

In ogni caso, la promozione arriverà domani. Dopo lo stop anticipato della Serie D, deciso dalla Figc, il Consiglio direttivo della LND ha formalizzato la sua proposta da portare al Consiglio federale, inizialmente previsto per il 3 giugno e poi spostato all’8, lunedì, cioè domani. “Competizioni ufficiali professionistiche e dilettantistiche stagione sportiva 2019/2020: provvedimenti conseguenti”, questo è il punto all’ordine del giorno che riguarda i rosanero, il terzo per la precisione. “La cristallizzazione delle classifiche al momento dell’interruzione del campionato, prevedendo in questo modo la promozione delle prime classificate di ciascun girone e la retrocessione delle ultime quattro squadre classificate di ogni raggruppamento. Quest’ultimo aspetto, peraltro, aderisce a quanto già indicato dal Consiglio Federale in relazione ai campionati professionistici”, quanto stabilito all’unanimità dai delegati dei vari comitati regionali. Proprio il “rispetto delle linee indicate dal Consiglio Federale in ordine a promozioni e retrocessioni in Serie D” a cui si è richiamato il presidente della LND, Cosimo Sibilia, mette il Palermo, e le altre otto capoliste, al riparo da ogni sorpresa, senza contare il “peso” della stessa LND in seno al Consiglio. Domani pomeriggio, dunque, il Palermo tornerà tra i professionisti. E non è un traguardo da poco. Basta tornare indietro di un anno e ricordare la farsa in cui si era trasformata la tragedia della fine della vecchia società, il Città di Palermo. La parabola di quel club aveva toccato vette altissime per i nostri colori, con le promozioni in Serie A a colpi di record, i tanti giocatori portati in Nazionale e laureatisi campioni del mondo, le qualificazioni all’Europa League, i successi in serie in casa e fuori contro le “grandi” e i campioni sbocciati proprio in rosanero prima di affermarsi in altri lidi. Tutto finito col sostanziale disimpegno di Zamparini, circondatosi di consiglieri e consulenti di mercato che portarono brocchi costosissimi, con due promozioni in A sfumate rocambolescamente, una retrocessione in C d’ufficio trasformata in megapenalizzazione e con l’arrivo di nuovi proprietari che non furono in grado di iscrivere la squadra al campionato di Serie B, mentre la magistratura sportiva e quella ordinaria indagavano sulla gestione del club.

Una storia ricostruita in modo sommario e succinto, ovviamente, conclusasi con la scomparsa del calcio a Palermo tornato la nuova società Hera Hora, creata dai Mirri e alla quale aderì Tony Di Piazza, col 40%, che si aggiudicò il bando predisposto dal sindaco Orlando, superando la concorrenza di Palermo FBC 1900, Cuore Rosa Nero, Holding Max riconducibile al presidente della Sampdoria Massimo Ferrero, Palermo football Club e degli arabi della Zurich Capital funds di Londra. La Hera Hora, in un mix tra richiamo alle radici e all’eredità sportiva e famigliare di un presidente come Renzo Barbera e di proiezione nel futuro, ha predisposto un piano triennale per il raggiungimento di obiettivi sportivi, il ritorno in Serie A in tre anni (uno scatto di categoria in ogni stagione), la realizzazione di strutture come il centro sportivo, la creazione di una squadra femminile e del settore E-Sports, ma anche di attività sociali e di marketing che si stanno effettivamente concretizzando una dopo l’altra; la società si è avvalsa di professionisti del calibro di Sagramola Castagnini, Rinaudo, lo stesso Paparesta.

In poche settimane è stata allestita una squadra in grado di dominare il girone I, capace di vincere dieci partite di fila, prima di un fisiologico rallentamento, ma di arrivare allo stop forzato del campionato con 7 punti di vantaggio sulla seconda, il tenace e battagliero, dentro e pure fuori dal campo, Savoia. Il merito va anche all’allenatore, Pergolizzi, scelto tra lo scetticismo dei tifosi che non lo hanno mai amato. In effetti, il tecnico palermitano, esperto nella gestione dei giovani, ma molto meno nei rapporti coi supporter e con la stampa, non ha saputo dare alla squadra un gioco brillante o capace di imporsi agli avversari, alcuni dei quali, pur in un contesto tecnicamente povero come la Serie D hanno fatto vedere buone cose; ma sia per i suoi meriti, sia per un tocco di fortuna che non guasta mai, sia per una qualità superiore dell’organico, un mix di esperienza della categoria e di under di talento, puntellato con gli arrivi di gente come Floriano, Silipo e Lucca, il Palermo è arrivato al traguardo, tutt’altro che scontato a inizio stagione. Non soltanto: era pronto a ripartire, se così fosse stato deciso, applicando tutti i protocolli di sicurezza per calciatori e staff, ed ha saldato tutte le spettanze a atleti e dipendenti, nonostante le difficoltà provocate dalla crisi per l’epidemia del coronavirus.

Questo, sembra che negli ultimi giorni molti lo abbiano dimenticato, facendosi sopraffare dalle notizie seguite alla decisione di Di Piazza di dimettersi da vicepresidente del Palermo, pur restando consigliere, e di cercare un compratore della sua partecipazione azionaria in Hera Hora.

Delle sue dimissioni e delle sue pubblicazioni social, in parte poi cancellate, si parlerà martedì in assemblea dei soci. Compreso il post, poi rimosso, sulla sua richiesta di capitalizzazione immediata di Hera Hora bocciata dagli altri partner. In quella sede, Di Piazza potrà, o meglio, dovrà scoprire le sue carte. Generoso, entusiasta, orgoglioso delle sue radici palermitane e innamoratosi dei colori rosanero, che gli hanno fatto accantonare il tifo per l’Inter, Di Piazza è sempre stato molto attivo su facebook: la sua bacheca è la finestra attraverso la quale ha dialogato coi tifosi, facendo crescere la simpatia nei suoi confronti. A poco a poco, con il suo tratto gioviale e le sue comparsate tv, lo zio d’America è diventato il contraltare, sul piano dell’immagine collettiva, di un Dario Mirri decisamente meno “social”; e Di Piazza ha voluto rivolgersi via facebook direttamente ai tifosi, dopo le dimissioni, lamentando di non essere riuscito a incidere sulle decisioni societarie. Ma proprio quel 40% con cui aveva aderito all’avventura del nuovo Palermo lo relegava, fin dall’inizio a una posizione minoritaria, in una società nella quale i ruoli e le competenze erano ben definiti. Difficile pensare che non ne fosse cosciente, dieci mesi fa. Insomma, è parso che l’italoamericano abbia dovuto improvvisamente rendersi conto che la popolarità sui social e tra i tifosi e il reale peso azionario nella società non erano esattamente coincidenti. Dopo la pioggia di post della fine di maggio, lo zio Tony ha scelto il silenzio.

Nel frattempo, però, dopo quel comunicato sulla capitalizzazione mancata di Hera Hora, molti tifosi hanno cominciato a porsi domande sulle capacità economiche dei soci, mentre siti e giornali si sbizzarrivano a individuare nomi di presunti aspiranti a entrare nel club rosanero, come acquirenti della quota dello stesso Di Piazza o anche di più. Fantasie, durate il tempo di un click.

Martedì sarà il momento e l’occasione per un confronto che dovrà portare a un chiarimento delle posizioni, in un modo o nell’altro. Se l’imprenditore italoamericano ha la carta che ritiene vincente, dovrà metterla sul tavolo giorno 9, e può essere soltanto una proposta di acquisto dell’intero pacchetto azionario. Ma vincente non è detto che lo sia, perché i Mirri sono intenzionati a andare avanti col loro progetto a 360 gradi, tra mercato e marketing, centro sportivo e settore giovanile e non certamente a vendere. E allora, Di Piazza dovrà capire come dare un senso a quel 40%, che possono essere una risorsa, ma anche un fardello difficile da piazzare, persino agli stessi Mirri. Una ricomposizione dei dissidi sarebbe auspicabile e darebbe modo di riavviare quel progetto di internazionalizzazione del brand negli Stati Uniti che, nel piano triennale di Hera Hora è il ruolo in cui Di Piazza sarebbe dovuto risultare “decisivo”. Non resta che aspettare ancora 48 ore, poi ne sapremo di più, magari anche sulla scelta del nuovo allenatore e sulle mosse che il Palermo intende compiere sul mercato che, parliamoci chiaro, sono quello che ai veri tifosi interessa veramente.

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