Lorena Lancieri potrebbe essere stata molto più che una semplice fiancheggiatrice di Matteo Messina Denaro. La Procura di Palermo, che sta indagando sulla fitta rete di collusioni del boss, ha acquisito nuovi elementi come rivela oggi il Giornale di Sicilia. Nei covi del superlatitante, arrestato nel gennaio scorso e morto il 25 settembre, sono state analizzate le varie impronte. E quelle della donna si troverebbero sparse ovunque. Per gli inquirenti, quindi, se la donna aveva accesso a questi oggetti molto intimi del boss potrebbe essere considerata molto più che una fiancheggiatrice. Quindi processualmente la sua posizione potrebbe anche aggravarsi.

Per conto del boss

Gli investigatori in questi mesi hanno continuato a scavare. Hanno scoperto che ci sono impronte di Lorena Lancieri sul diario di Messina Denaro. Uno “scrigno” con tutti i segreti, anche quelli più intimi, del boss. A cui dio sicuro nessuno o quasi aveva accesso. Non solo: la Lancieri per conto del boss avrebbe fatto anche acquisti on line su Amazon di abbigliamento, libri e scarpe.

Sotto processo con giudizio immediato

Nel giugno scorso arrivò il giudizio immediato per Emanuele Bonafede e la moglie Lorena Lanceri. La richiesta è partita dal pool della Procura di Palermo che indaga sui fiancheggiatori del superlatitante di Castelvetrano. Bonafede e Lanceri sono accusati di aver favorito questa latitanza, ospitarono più volte a casa, a pranzo e a cena, il boss. Il pool della Procura è composto dal procuratore Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido, i sostituti Gianluca De Leo e Piero Padova, Sono stati loro ad aver depositato la richiesta di giudizio immediato e adesso la coppia è sotto processo in attesa di giudizio.

Prove schiaccianti

Per i magistrati le prove raccolte sono più che sufficienti per dimostrare l’accusa di favoreggiamento aggravato dall’aver agevolato Cosa nostra. Altra accusa è quella di procurata inosservanza della pena in un processo. A inchiodare i due imputati le riprese di alcune telecamere all’esterno dell’abitazione della coppia in via Mare 89, a Campobello di Mazara. Emanuele Bonafede è il fratello di Andrea, il dipendente del Comune di Campobello di Mazara, arrestato con l’accusa di essere il “postino” di Matteo Messina Denaro. Quest’ultimo avrebbe recapitato le ricette mediche che servivano al boss per sottoporsi alle cure necessarie per il tumore di cui è affetto.

Entrambi in carcere

Nell’aprile scorso il tribunale del riesame di Palermo aveva rigettato l’istanza di scarcerazione presentata dai legali dei due indagati. Aveva quindi retto, davanti ai giudici, l’impianto accusatorio della Procura di Palermo. Una famiglia al servizio dell’ex latitante, dunque, secondo gli investigatori. A incastrare i coniugi tra l’altro sono state le immagini delle telecamere di sorveglianza di un negozio che li immortalano mentre controllano la strada per dare il via libera al latitante e consentirgli di lasciare la loro abitazione indisturbato. I pm hanno scoperto inoltre che Messina Denaro, padrino di cresima del figlio della coppia, ha regalato al ragazzo un Rolex da oltre 6mila euro, gesto che proverebbe l’esistenza di un rapporto storico.

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