Gli agenti di polizia penitenziaria avevano soldi e addirittura anche sesso, in cambio chiudevano entrambi gli occhi e all’interno del penitenziario di Trapani passava di tutto. Droga, telefoni e profumi, che addirittura riuscivano a penetrare anche nei reparti di alta sicurezza. E’ lo spaccato che emerge dall’operazione “Alcatraz” scattata oggi e che mette in risalto un vero e proprio scandalo nel carcere Trapanese.
Chi ha operato
Il blitz scattato alle prime luci dell’alba tra Trapani, Palermo, Benevento, Bari, Porto Empedocle, Mazara del Vallo e Avola. Operazione dei carabinieri del comando provinciale di Trapani e del nucleo investigativo regionale Sicilia della polizia penitenziaria. Eseguita un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal Gip del tribunale di Trapani, su richiesta locale Procura della Repubblica. In tutto 24 gli indagati di cui 17 in carcere, 5 ai domiciliari e 2 con obbligo di dimora. le accuse a vario titolo per corruzione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, abuso d’ufficio, truffa aggravata, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, omessa denuncia di reato, evasione e accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. Nonché ulteriori violazioni del codice dell’ordinamento penitenziario.
La denuncia dei detenuti
Il provvedimento arriva dopo una serie di riscontri scaturiti dalle indagini di carabinieri e polizia penitenziaria, coordinati dalla locale Procura. Nato tutto dopo la denuncia di alcuni detenuti transitati dal penitenziario trapanese. Ad essere documentato, da ottobre 2019 ad oggi, presunti episodi di corruzione di alcuni agenti della polizia penitenziaria già in servizio alla casa circondariale “Pietro Cerulli” di Trapani. Hanno ottenuto somme di denaro o altre utilità, comprese prestazioni sessuali da parte della compagna di un detenuto. Di contro gli agenti infedeli avrebbero consentito l’introduzione in carcere di sostanze stupefacenti e telefonini (oltre 50 quelli sequestrati). All’interno anche armi improprie, sigarette, profumi e altro ancora. Oggetti che finivano nelle mani di reclusi, anche appartenenti alla criminalità organizzata e rinchiusi in reparti di alta sicurezza.
I metodi per eludere i controlli
Dalle indagini sarebbe, quindi, emerso uno spaccato inquietante della realtà carceraria trapanese. I detenuti avevano quindi la possibilità di utilizzare i telefoni, come strumento di comunicazione con l’esterno. Gli investigatori avrebbero accertato le diverse modalità delle consegne in carcere. Quando queste non erano possibili con l’aiuto degli agenti infedeli, gli espedienti utilizzati erano i più disparati. Alcuni carcerati optavano per occultare del materiale in scarpe o anche nelle cavità corporee. Altri si avvalevano di tecniche “innovative” come il lancio all’interno dell’istituto penitenziario di un pallone da calcio. Pallone che era imbottito di telefoni cellulari. Addirittura si utilizzava la tecnologia con “droni” guidate da persone specializzate che mettevano a disposizione come un vero e proprio servizio di “delivery”.
I falsi certificati medici
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, alcuni agenti infedeli avrebbero anche utilizzato certificazioni mediche con falsi stati di malattia. In questo modo potevano svolgere lavori extra quali, ad esempio, il servizio di sicurezza in locali notturni, oppure altre attività personali durante l’orario di lavoro. Nel corso dell’attività investigativa, denominata convenzionalmente “Alcatraz”, sottoposte ad indagini 30 persone. Tra questi 4 agenti di polizia penitenziaria, tutti non più in servizio, di cui due non destinatari di provvedimenti cautelari. Uno degli ex agenti è indagato perché avrebbe omesso di denunciare all’autorità giudiziaria il presunto pestaggio di un detenuto ad opera di alcuni agenti penitenziari.
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