- Ancora detenuto l’attivista egiziano Patrick Zaki
- Alle Orestiadi di Gibellina uno spettacolo a lui dedicato
- Ne parla Alessandro Ienzi, fondatore di Raizes teatro
Un grido di libertà per Patrick Zaki si eleva dalle Orestiadi di Gibellina, dove venerdì 23 luglio alle 21, al Baglio Santo Stefano, l’autore e regista Alessandro Ienzi, fondatore di Raizes teatro, già vincitore dell’International Human Rights Art Festival di New York, porterà in scena “My Name is Patrick Zaki- 45 days”, di cui è autore e interprete. Lo spettacolo è dedicato al ricercatore egiziano, già studente dell’Alma Studiorum di Bologna, attualmente detenuto nella prigione di Tora a El Cairo per aver promosso la tutela dei diritti umani, anche mediante la partecipazione all’Egyptianinitiative for human rights.
Il Premio #cittàlaboratorio
Con questo spettacolo Raizes Teatro ha vinto la quarta edizione del Premio #cittàlaboratorio indetto dalle Orestiadi di Gibellina in collaborazione con l’Associazione Culturale Scena Aperta di Palermo e il sostegno del Comune di Gibellina, un premio nato con lo scopo di valorizzare i giovani autori, registi, coreografi, attori under 35 e i diversi linguaggi della scena teatrale siciliana.
L’assurdo sistema egiziano
“La performance narra di Patrick Zaki, della sua condizione di detenuto e della violenza insita nell’assurdo sistema egiziano di riconferma della detenzione ogni 45 giorni e in assenza di qualsiasi prova”, spiega Alessandro Ienzi.
L’impegno politico e civile del progetto
La giuria composta da Roberto Giambrone, Rosa Guttilla, Guido Valdini, Enzo Venezia e Alfio Scuderi, ha considerato il progetto particolarmente meritevole “per l’impegno politico e civile mostrato nella scelta di raccontare una storia drammatica così tristemente attuale (quella del ricercatore egiziano dell’Università di Bologna rinchiuso da quindici mesi per le sue idee nelle carceri del suo Paese), nell’ambito della lotta per il riconoscimento dei diritti umani spesso negati nel mondo. Il progetto ben coniuga narrazione e teatro, attraverso documenti e invenzione drammaturgica che fanno immaginare un interessante sviluppo scenico. Esso, inoltre, appare in linea con lo spirito mostrato in questi quarant’anni delle Orestiadi di Gibellina, che hanno sempre avuto uno sguardo particolarmente attento alle culture del Mediterraneo, fra tradizione e contemporaneità”.
Contaminazioni video e illustrative
La rappresentazione, che avrà anche delle contaminazioni video e illustrative, sarà incentrata sul sistema che le autorità egiziane utilizzano per stremare i propri prigionieri politici, mediante la fissazione di udienze ogni quarantacinque giorni e la riconferma della detenzione senza garanzie di difesa né di contraddittorio.
La petizione per concedere a Patrick Zaki la cittadinanza italiana
Di appena qualche giorno fa l’ennesima riconferma di altri 45 giorni di detenzione per Patrick Zaki. Le Orestiadi hanno accolto l’appello di tutta la comunità internazionale e la petizione per concedere all’attivista la cittadinanza italiana.
La privazione della libertà e la guerra di nervi
Osserva Alessandro Ienzi: “Patrick Zaki è detenuto dal 7 febbraio 2020, la sua detenzione viene prorogata ogni 45 giorni sistematicamente, senza una garanzia né processuale né tantomeno di difesa.
Nelle ultime udienze gli osservatori delle Nazioni Unite e anche gli avvocati sono stati estromessi dalla partecipazione.
E’ un sistema che diventa una vera e propria guerra di nervi tra il prigioniero e le autorità.
E’ un sistema costruito dalle autorità egiziane per combattere qualsiasi forma di libertà di espressione, qualsiasi diritto.
Sono tante le vittime di questo sistema efferato.
Anche Giulio Regeni è rimasto intrappolato nella morsa di questo sistema”.
Il mito di Prometeo e il futuro dei diritti
Spiega ancora Ienzi: “Lo spettacolo si inserisce nel solco della mia ricerca personale e della compagnia che stiamo conducendo in collaborazione con enti internazionali.
Ho deciso di unire la storia di questo ragazzo con il mito di Prometeo, perché questa sistema ha creato una scissione tra la persona, l’essere umano, l’attivista, lo studente, il semplice cittadino con il mito in cui noi stessi lo stiamo trasformando.
Come comunità di esseri umani ci dobbiamo chiedere quale sarà la strada, non soltanto per la liberazione di Patrick che speriamo avvenga il prima possibile, ma quale può essere la strada per riportare nuovamente a unità.
Patrick è un simbolo di libertà e democrazia, ma dietro questo simbolo c’è una persona che è diventata simbolo stesso mediante la privazione della libertà”.
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