Da 16 giorni i marittimi dei pescherecci Antartide e Medinea si trovano in Libia dopo il sequestro delle imbarcazioni da parte delle autorità locali a circa 35 miglia a nord di Bengasi. Nelle ultime ore, però, sarebbe subentrata una complessità maggiore nelle trattative per la loro liberazione: i pescatori siciliani, infatti, sarebbero diventati anche ‘merce di scambio‘ e, quindi, ‘ostaggi’.

Come, infatti, rivelato durante Ogni Mattina, la trasmissione di TV8 condotta da Adriana Volpe e Alessio Viola, sarebbe arrivata una richiesta di rilascio degli equipaggi a condizione che vengano liberati i quattro scafisti arrestati a Catania nel 2015, responsabili della morte per asfissia di 49 migranti.

«NON ANDIAMO A LAVORARE IN ACQUE LIBICHE»

In collegamento dal porto di Mazara del Vallo c’era Vincenzo De Santis, un pescatore che, per un’avaria alla sua imbarcazione, non è partito con gli altri: «Noi non andiamo a lavorare in acque libiche ma in acque internazionali: a 35 miglia da Bengasi, infatti, non sono acque libiche ma lo sono a 12. C’è una bella differenza. Capita ogni anno che facciamo questa tratta. Quando con noi ci sono navi italiane, allora non succede niente. Ma capita qualcosa quando non ci sono o fanno finta di non esserci».

Un fratello di uno dei pescatori ha poi raccontato: «Siamo stati chiamati da uno dei membri dell’equipaggio. Li stanno trattando bene ma chiedono aiuto su tutti i fronti: ‘Andate a Roma, dappertutto’. Perché non siamo solo italiani ma anche europei e vogliamo risposte imminenti e siamo pronti ad andare a Roma, nonostante il ministro Di Maio ci abbia tranquillizzato in video conferenza. Non abbiamo più lacrime e tempo per aspettare». «La nostra preoccupazione più grande – ha aggiunto – è che non c’è più serenità nelle nostre case, non si vive più, vogliamo trovare una soluzione il prima possibile».

«IL PROBLEMA È NATO DA GHEDDAFI»

In studio, con i conduttori di Ogni Mattina, c’era anche la giornalista Laura Silvia Battaglia, esperta di esteri, che ha sintetizzato la questione: «C’è stata sempre la guerra del pesce. Sin dai tempi di Gheddafi quando, nel 2005, decise unilateralmente che le acque libiche si estendevano per più di 70 miglia. Un problema per i pescatori italiani, perché ritengono quelle acque internazionali. Si tratta di un problema annoso, lungo, che da anni riguarda il Mediterraneo. Oggi, poi, si aggiunge la situazione in Libia, divisa e fragile, con due governi che non governano, entrambi dimissionari. A Bengasi, poi, dove sono detenuti i pescatori, ci sono interlocutori difficili da individuare e con cui parlare».

«INTERLOCUTORE NON ISTITUZIONALE»

Al porto di Mazara del Vallo c’era anche il sindaco Salvatore Quinci: «Il senso di frustazione è ai massimi livelli, la pazienza della nostra comunità cittadina sta quasi per finire. Colgo la preoccupazione negli sguardi dei familiari dei nostri marittimi. È davvero insostenibile. La marineria di Mazara ha pagato un tributo altissimo in questi decenni. Noi pretendiamo dal Governo, che conosce bene la storia di questa città, ulteriori sforzi. Sappiamo che queste trattative sono impegnative e da subito abbiamo avuto la percezione che sia più complicata rispetto al passato perché, se dopo 48 ore non si sblocca niente, il livello si alza. Noi abbiamo parlato con Di Maio in una videoconferenza, insieme ai familiari e all’ambasciatore. Il Governo ci ha presentato le azioni in campo, diplomatiche e di intelligence ma il nostro interlocutore non è istituzionale e ha tempi e modalità difformi da quelli inerenti al diritto internazionale».

Poi, a proposito dei pescatori che sarebbero diventati «merce di scambio», come rimarcato dalla conduttrice Adriana Volpe, il sindaco ha tenuto a preciare: «Si tratta di una richiesta di scambio non ufficiale. Non fa parte delle trattative, come mi ha riportato la Farnesina. Quindi, ritengo questa richiesta come un elemento di pressione per alzare la posta».

«RICHIESTA DA GIORNALE VICINO AD HAFTAR»

La giornalista Battaglia, poi, ha spiegato che «la richiesta di scarcerazione dei quattro libici arrestati proviene dal quotidiano Address Lybia, voce ufficiale del governo di Bengasi ma non dal generale Haftar. Quindi, proprio per questo c’è un margine di trattativa. Sulla zona di Bengasi, però, c’è bisogno di mediatori diversi».

«VOGLIO MIO FIGLIO A CASA»

Infine, l’appello della mamma di uno dei sequestrsti: «Ho appena trascorso la notte più brutta. Ho sentito la voce di mio figlio che mi chiede aiuto. Voglio l’aiuto di Conte, di Di Maio. Non so più come dirlo, per piacere… Voglio mio figlio e tutti i marittimi a casa. Andare a mare non è un gioco ma un lavoro e non ci meritiamo questo».

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