• Giuseppe Costa è accusato di appartenere  a Cosa Nostra, è stato in carcere ma sarebbe stato sostenuto dai mafiosi senza mai parlare
  • Durante il periodo di carcerazione avrebbe rinsaldato le sue relazioni con i vertici mafiosi di Trapani e Mazara del Vallo
  • I militari hanno perquisito anche la sua abitazione dove era statarealizzata una delle prigioni del piccolo Di Matteo

I carabinieri del comando provinciale di Trapani e il personale della Direzione Investigativa Antimafia, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, hanno arrestato Giuseppe Costa accusato di associazione a delinquere di tipo mafioso in quanto appartenente a Cosa Nostra.

I militari hanno perquisito anche l’abitazione del Costa, in località Purgatorio di Custonaci (Tp), dove lo stesso aveva realizzato in muratura la “cella” dove era stato segregato il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio dodicenne del collaboratore di giustizia Mario Santo noto come Santino, poi barbaramente ucciso e sciolto nell’acido.

L’uomo, durante la lunga detenzione (dal 1997 al febbraio 2007) ha ricevuto il sostegno economico delle famiglie mafiose senza mai collaborare con gli inquirenti.

Subito dopo la scarcerazione, secondo le indagini condotte dai carabinieri e dalla Dia, avrebbe rinsaldato le sue relazioni con i vertici dei mandamenti di Trapani e Mazara del Vallo per l’aggiudicazione di appalti, le speculazioni immobiliari, risoluzione di dissidi tra privati, l’attività intimidatoria, il riparto di proventi di denaro ricavati da attività illecite, nonché ha partecipato alla raccolta dei voti per le elezioni regionali dell’autunno del 2017 e assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa Nostra su un impianto di calcestruzzi della provincia trapanese.

Il piccolo Di Matteo, durante il suo lungo sequestro, ha avuto molti carcerieri ed è stato segregato in diversi luoghi. Di conseguenza sono parecchie le persone coinvolte in questo terribile delitto secondo le ricostruzioni che sono state fatte dagli inquirenti

Giuseppe Costa è indagato insieme ai presunti boss Pietro e Francesco Virga, Francesco Peralta, Antonino Buzzitta e Giuseppe Piccione, già detenuti. Costa, secondo le accuse, fu testimone dell’arrivo del ragazzino, che giunse nella sua abitazione di Custonaci chiuso nel portabagagli di un’auto e incappucciato.

Secondo i pm, avrebbe partecipato alla “mobilitazione mafiosa” per le elezioni regionali dell’autunno del 2017. Le famiglie mafiose di Trapani e Marsala si sarebbero interessate a procurare voti in particolare in favore della candidata, poi non eletta, Ivana Inferrera. La donna, già processata, è stata però assolta.

Costa, poi, avrebbe tutelato gli interessi di Cosa Nostra nella Calcestruzzi Barone s.r.l. di San Vito Lo Capo, risultata sotto l’influenza mafiosa delle famiglie Virga e Mazara, ditta a cui era stato richiesto di fornire una parte dei proventi ai clan

. L’arrestato, inoltre, si sarebbe occupato di recuperare crediti per conto dell’esponente mafioso trapanese Antonino Buzzitta.

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