Scoperta anche in Sicilia la truffa del sushi. Hanno gonfiato la produzione di pesce da destinare a ristoranti e supermercati per poter creare costi enormi e chiedere più contributi alla Regione Siciliana e all’Ue. Il meccanismo di frode è stato scoperto dalla guardia di finanza che ha indagato tre imprenditori, tra cui uno del Trapanese. Ad emettere il provvedimento cautelare il Gip del Tribunale di Tivoli su richiesta della Procura Europea di Palermo e Roma. Un imprenditore è finito ai domiciliari, per altri due invece è arrivato l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Scattato anche il sequestro preventivo, anche per equivalente, finalizzato alla confisca di somme e beni per un valore complessivo di circa 4,5 milioni di euro. Sarebbe questo il profitto attraverso i contributi acquisiti.

Una marea di fondi incassati

Agli imprenditori coinvolti sono riconducibili una serie di società, con sedi a Petrosino, Roma, Guidonia e Piombino, ed operatività diffusa sul territorio nazionale nel campo dell’acquacoltura. Costituiscono una vera e propria filiera che parte dall’allevamento ittico fino alla produzione di sushi per supermercati e ristoranti. Le indagini, eseguite dal nucleo di polizia economico-finanziaria di Trapani, hanno riguardato i contributi a fondo perduto, di origine europea, nazionale e regionale. L’ammontare degli stanziamenti era di circa 4,5 milioni di euro, concessi dalle Regioni Siciliana, Lazio e Toscana alle diverse società coinvolte, a valere sul programma operativo Feamp 2014/2020. I progetti erano relativi alla realizzazione e riattamento di siti produttivi.

Il meccanismo fraudolento

Gli elementi acquisiti hanno consentito di ipotizzare un meccanismo fraudolento. Consisteva nell’affidamento dei lavori da parte delle società beneficiarie dei contributi, ad una sola ditta, solo apparentemente terza. Ma, di fatto, aveva la stessa compagine societaria delle committenti e quindi è risultata essere soltanto figurativa come fornitore. Dunque in violazione della normativa comunitaria e nazionale di settore. Questo ha permesso una fittizia maggiorazione delle voci di costo per rendicontare attraverso la sovrafatturazione delle spese per ottenere più contributi pubblici. Ha consentito all’organizzazione di massimizzare l’entità dei fondi erogati dalle Regioni, tra cui quella siciliana.

Le accuse contestate

È stato dimostrato, secondo le fiamme gialle, come i profitti delle truffe confluissero nei conti della società interposta. All’amministratore di diritto veniva solo fittiziamente attribuita la titolarità. Questo ha permesso al dominus dell’associazione di utilizzare il prodotto del reato per pagare personale dipendente, per acquistare materiale e per onorare le fatture delle diverse società del gruppo. I reati contestati ai 6 soggetti sono, a vario titolo, associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

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