Gli agricoltori siciliani sono con l’acqua alla gola. La crisi rischia di distruggere il settore. Il settore agricolo siciliano è tra i più colpiti dalla crisi delle materie prime e dell’energia. Una crisi iniziata con il Covid 19 e che rischia di essere aggravata dalla guerra in Europa orientale. A testimoniare le difficoltà del settore, Casa Minutella ha chiamato Antonio Fricano, imprenditore di Bagheria che esporta agrumi siciliani in tutta Europa. L’azienda di Fricano ha una cinquantina di dipendenti e lavora con le produzioni di oltre 300 agricoltori della zona. Ma la politica a chilometro zero non è sostenibile.

Agrumi siciliani al Nord e in Europa per garantire la sopravvivenza

Per sopravvivere alla crisi e spuntare dei prezzi che consentano agli agricoltori di restare operativi, i prodotti distribuiti da Fricano non sono disponibili nei mercati siciliani. “Per trovarli – spiega l’imprenditore- bisogna arrivare come minimo a Bologna”. E’ una decisione che Fricano non prende a cuore leggero. Le migliori produzioni agrumarie siciliane devono lasciare la nostra terra e non essere presenti nei nostri mercati per una mera ragione di sopravvivenza. “Non portiamo via dalla Sicilia questi prodotti per guadagnare di più, ma semplicemente perchè i mercati esteri e quelli del Nord Italia consentono di ottenere quei margini minimi che rappresentano la sopravvivenza del settore agricolo”.

Altro che guadagno, siamo con l’acqua alla gola

“Noi non cerchiamo un maggior guadagno ma cerchiamo di trasferire il massimo del valore aggiunto ai produttori per farli sopravvivere – ha sottolineato Fricano – perché qua stiamo veramente con l’acqua alla gola, gli agricoltori siciliani sono con l’acqua alla gola” .

Senza agroindustria la Sicilia perde 12 punti di pil

Senza agroindustria la Sicilia perde 12 punti di pil. E’ l’allarme lanciato dal giornalista economico Nino Amadore a Casa Minutella. “E’ un problema che che riguarda l’organizzazione industriale della regione – ha spiegato Amadore – perché noi abbiamo un’agricoltura molto interessante, ma che rischia di andare fuori produzione. La nostra agroindustria non è abbastanza forte da poterci garantire un segmento di mercato. L’agricoltura siciliana vale il 3,5  del nostro Pil, con l’agroindustria potremmo arrivare al 15 al 16 per cento. Sarebbe un altro meccanismo di ricchezza”. Ma anche una rivoluzione agroindustriale potrebbe non bastare.

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