“Non ho mai commesso quella rapina, sono ingiustamente accusato”. Lo ha detto al gip del tribunale di Siracusa Agostino Gregorini, 30 anni, avolese, raggiunto, nei giorni scorsi, da una ordinanza di misura cautelare per una rapina avvenuta il primo marzo del 2016 ai danni di una famiglia, genitori e figlio, che, in quel momento si trovavano in casa.

In quell’assalto, c’era un secondo rapinatore ma i carabinieri, a distanza di 4 anni, sono riusciti ad identificare il trentenne dopo l’esame del Dna su una traccia di saliva rinvenuta in un passamontagna abbandonato dagli aggressori. Durante la rapina, furono anche esplosi dei colpi di pistola a seguito della reazione delle vittime ma per fortuna non ci furono feriti. Gregorini, difeso dall’avvocato Natale Vaccarisi, non solo ha respinto le accuse ma ha sostenuto, nel corso dell’interrogatorio di garanzia tenutosi al palazzo di giustizia di Siracusa, di aver cambiato vita negli ultimi sette anni, abbandonando il sentiero della criminalità.

In merito alle tracce del Dna nel passamontagna, il presunto rapinatore ha detto di non sapersi spiegare il motivo: al termine dell’udienza, il trentenne è tornato a casa, agli arresti domiciliari, ma la difesa è pronta a presentare ricorso al Tribunale del Riesame di Catania per ribaltare l’ordinanza cautelare emessa dal gip di Siracusa, Andrea Migneco, su richiesta del Procuratore aggiunto, Fabio Scavone, che ha coordinato le indagini dei carabinieri della Compagnia di Noto e della stazione di Avola.

“L’indagine dei militari del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Noto non è conclusa, in quanto manca all’appello il complice di Gregorini, il cui profilo genetico – hanno spiegato dal comando provinciale dei carabinieri di Siracusa –  è comunque custodito dai Carabinieri del Ris di Messina che lo hanno estratto dal secondo passamontagna. La tecnologia e la modernità hanno supportato l’indagine, il cui favorevole risultato non sarebbe però stato possibile senza la conoscenza del territorio e dei soggetti di interesse operativo che ha consentito, anche a distanza di anni e quando sicuramente il soggetto pensava di essere al sicuro da possibili indagini, di essere identificato ed assicurato alla giustizia”