Non si placa la bufera sorta dopo la riapertura della Casa natale di Pirandello di Agrigento e sulla decisione della Regione di affidarla ai privati. Continuano a tuonare sindacati. Nei giorni scorsi è stata annunciata la riapertura della casa natale del celebre scrittore siciliano dopo alcuni lavori di ristrutturazione. I sindacati però hanno fatto notare l’allontanamento dei dipendenti regionali dal sito e come la Regione stia spendendo ventimila euro “per 25 giorni di attività”. I soldi sarebbero destinati a “una società privata per svolgere compiti, alcuni di questi, esclusivamente istituzionali che le leggi di settore impongono di non esternalizzare”.

Una serie di norme sarebbero state violate

La dura nota è a firma di Michele D’Amico responsabile regionale del Cobas/Codir per le politiche dei beni culturali e Simone Romano coordinatore regionale del Cu.Pa.S./Codir (Custodi del Patrimonio Culturale Siciliano), movimento che aderisce al Cobas/Codir. “Con precedenti comunicati – commentano i due sindacalisti di Cobas/Codir e di Cu.Pa.S./Codir – avevamo denunciato una serie di violazione di norme costituzionali e di settore e adesso se ne aggiunge un’altra, quella dell’articolo 115 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, riguardante le forme di gestione di valorizzazione dei beni culturali, il cui disposto normativo non lascia spazio alcuno a una diversa interpretazione”.

Società privata finanziata da soldi pubblici

“È paradossale e incredibile come gli artefici di questa brutta storia, che segna un precedente pericolosissimo nell’ambito della gestione del sistema dei beni culturali regionali, – continuano i due sindacalisti – stiano dando spazio a una società privata finanziandola con risorse pubbliche per attività che l’amministrazione pubblica regionale deve svolgere obbligatoriamente con il personale di ruolo”.

Paventato danno erariale

I sindacati denunciano il “silenzio assordante di un assessore, incomprensibilmente assente, dinanzi a cotanta scellerata gestione, anche di risorse pubbliche, palesemente contro ogni previsione normativa”. “Avevamo dato all’assessore – concludono D’Amico e Romano – due giorni di tempo a partire da mercoledì affinché si prodigasse per ripristinare lo stato di legittimità avvertendo che, perdurando l’attuale situazione, non avremmo esitato a relazionare al Presidente della Repubblica e al Ministro della Cultura su quanto sta accadendo, in violazione di norme costituzionali e di norme di settore in materia di tutela e vigilanza, in uno dei più prestigiosi siti della cultura regionale. A ciò si aggiunga il presunto danno erariale che si potrebbe consumare e che, nell’esercizio del nostro ruolo, stiamo valutando di segnalare anche alle Autorità competenti”.