“Mio figlio poteva essere salvato, e di questo ne sono sicuro. Se fosse partito prima per Palermo, quando c’era ancora battito, si sarebbe salvato. E’ andata così ma non deve succedere mai più, perchè quello che è successo è inconcepibile”.

Ha perso il bambino che sua moglie portava in grembo da 8 mesi, e Francesco La Vardera non riesce a darsi pace. Racconta quanto successo non riuscendo alla fine a trattenere le lacrime, quando parla di quel suo figlio nato purtroppo morto “ma perfetto, bellissimo”. Un bimbo che non vivrà mai ma la cui esistenza “non dovrà passare invano, mio figlio dovrà contare qualcosa”.

La tragedia

Sua moglie è una donna, una trentenne di Lampedusa che ieri, è stata due volte al Poliambulatorio dell’isola: nella prima occasione, alle 9 circa, è stata rassicurata dai medici. “Il ginecologo di turno è arrivato dopo un’ora. Di mattina mia moglie non sentiva il bambino, ha provato anche a mangiare degli zuccheri per sollecitarlo, ma niente – racconta l’uomo -. E’ andata in pronto soccorso, dove è stata esaminata con macchinari vecchissimi, e l’hanno tranquillizzata. Invece non era così”.

Dopo un’ora e mezza, la donna – che è anche consigliere comunale – ha fatto ritorno nella struttura sanitaria dove è stato accertato che i battiti cardiaci del piccolo erano lenti. Con l’elisoccorso del 118, la lampedusana ha lasciato l’isola alle ore 13, quando forse era ormai troppo tardi.

L’inutile corsa a Palermo

E’ stata trasferita all’ospedale “Civico” di Palermo dove i medici hanno accertato che il piccolo era morto: strozzato dal suo cordone ombelicale. Una tragedia. L’ennesima che si verifica a Lampedusa dove, da gennaio, ci sono già stati tre casi analoghi. Francesco attende di acquisire le cartelle cliniche. E non appena le avrà, denuncerà.

“Non ci devono essere altri Giacomo, Fortunato e Alessandro che non sono riusciti a nascere – dice – . Se mia moglie fosse stata trasferita subito dopo il primo accesso al Poliambulatorio, mio figlio ci sarebbe ancora. Per i soccorsi dell’elicottero del 118, il protocollo prevede che si debba attendere, nel caso in cui stiano arrivando migranti, se ci sono feriti, malati o partorienti. Non è possibile che non vi siano attrezzature adeguate, e questo vale sia per i lampedusani che per i tanti migranti che sbarcano sulla nostra isola. Lampedusa è una realtà dove, in proporzione al numero di abitanti, ci sono più concepimenti che altrove. Solo che a Lampedusa non si nasce, lo si fa ad Agrigento o a Palermo”.

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