Fatale quel pugno al volto del padre dell’amico che era intervenuto per sedare un litigio fra ragazzi. La Corte di Assise di appello di Palermo ha confermato la condanna, decisa in primo grado dal gup di Agrigento, a 6 anni e 8 mesi di reclusione, per l’accusa di omicidio preterintenzionale, nei confronti del ventinovenne Giuseppe Cutaia, di Canicattì. Giuseppe Cacciatore, la vittima, aveva 46 anni, e sarebbe intervenuto in difesa del figlio in occasione di un contrasto con l’imputato.

L’uomo colpito al volto con un pugno

La vicenda risale al 26 agosto del 2015 quando il ragazzo, secondo la ricostruzione della vicenda, a margine di un incontro per risolvere un litigio precedente avuto con il figlio di Cacciatore, avrebbe colpito con un pugno al volto l’uomo che morì poco dopo. In un primo momento gli inquirenti indagarono per l’ipotesi di reato di lesioni personali ipotizzando che non vi fosse una relazione tra l’aggressione e la morte che, secondo la prima attività d’indagine, sarebbe stata causata da sindrome coronarica acuta che nulla, quindi, aveva a che vedere con i colpi subiti.

Le indagini e gli accertamenti medico-legali

La nuova contestazione di omicidio preterintenzionale scaturisce da ulteriori accertamenti medici dai quali si evincerebbe un nesso fra i colpi ricevuti e il decesso che sarebbe stato provocato a causa “dell’increzione di ormoni catecolaminici che sviluppava una sindrome coronarica acuta”.

Le tesi della difesa

La difesa di Cutaia, affidata agli avvocati Francesco Gibilaro, e Diego Guadagnino, aveva sostenuto l’assenza di un nesso fra le lesioni riportate a causa del pugno e la morte sostenendo, peraltro, che l’imputato si fosse limitato a difendersi da un’aggressione con un oggetto di ferro da parte di Cacciatore e che lo stesso, nei giorni precedenti, era stato brutalmente aggredito dal figlio della vittima. I legali annunciano adesso ricorso in Cassazione.