Un tempo era la televisione.

Adesso:“L’ho letto su internet”. “Guarda su internet!”. “C’è su internet?”. Come se internet fosse il marchio di garanzia dell’autenticità e veridicità di tutto quello che viene: scritto, mostrato, ostentato. Da quando c’è internet è cambiato anche il mio modo di vedere e credere nelle cose.

Quando mi succede qualcosa di bello e stento a crederci, mentre prima mi davo un pizzicotto per capire se fosse vero o se stessi sognando, adesso premo il tasto home e vado su Instagram. Se c’è una foto o una storia a testimoniare l’evento, allora è accaduto, se non c’è nessuna traccia virtuale, il reale non esiste.
Una domenica dimenticai di postare il pranzo di mia nonna e tornai a casa digiuna, nonostante le duecento portate.

Anche la mia vita privata è messa a dura prova a causa dei social, e non perché il mio fidanzato trascorra il suo tempo a mettere like a culi che parlano citando Alda Merini ma perché lui non ha alcun account. A volte, mi viene anche il dubbio che lui non esista.
Come fa a esistere un uomo che non tocca tutti i miei pixel?
Devi stare attento a tutto quello che scrivi, perché verba volant ma screenshot manent.
E se è vero che tu sei libero di scrivere quello che ti pare, è altrettanto vero che gli altri si sentiranno altrettanto legittimati a dire ciò che tu volevi: scrivere, pensare, provare, baciare, lettera o testamento.
A quel punto hai due possibilità:

Porti avanti le tue idee contro tutto e tutti, rischiando di trovare l’appoggio di quei quattro o cinque che la pensano come te, fino a ritrovarti segretario del PD.

Inizi a dubitare che quello che hai scritto sia vero. Tua nonna non ti ha invitato a pranzo. Il tuo fidanzato non esiste. Il tuo film preferito è una cagata. Finisci addirittura col credere che sia vero quello che dicono gli altri e non quello che scrivi tu.

Una volta, riportai una frase sulle sofferenze amorose, semplicemente perché mi piaceva. Apriti cielo!
Fui inondata di messaggi di gente che esprimeva tutta la propria solidarietà perché aveva passato quello che avevo passato io. Chi glielo diceva che l’ultima cosa che avevo passato io, quanto più vicina possibile alla sofferenza, fosse lo straccio in cucina con trentacinque gradi?
E così mi sono dovuta calare nella parte.
Ho ascoltato le canzoni di Adele fino allo struggimento. I vicini di casa mi guardavano con aria compassionevole. Iniziai a non mangiare e a non dormire. Fui eletta membro onorario dei cuori infranti. Donna disperata dell’anno. Pensai di lasciare il mio fidanzato perché mi impediva di essere credibile agli occhi della gente che nemmeno mi vedeva.
Cercai di spiegargli che il nostro non era un amore a distanza perché abitavamo nella stessa casa e che lui mi amava. Avevo, purtroppo, scritto il contrario su internet, quindi era vero quello che avevo scritto.
Allora scrissi di essere morta. Tutti espressero il loro cordoglio, anche mia madre, ed io iniziai a non sentirmi più tanto bene.

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