Agrigento non è Beirut e gli immigrati attaccano le istituzioni. Le Forze dell’Ordine sono numerose, ma inermi senza chiare regole di ingaggio da adottare”.

Dopo la rivolta di alcuni migranti in un centro di accoglienza del Villaggio Mose’, ad Agrigento, interviene il sindacato della Polizia di Stato.

Nuova rivolta con fuga di migranti da un centro di accoglienza. Un gruppetto di 16 persone è riuscito ad allontanarsi calandosi dal primo piano della struttura del Villaggio Mosè. Ci sono riusciti – quando avrebbero dovuto stare in quarantena anti-Covid – mentre altri extracomunitari, tunisini per la maggior parte, davano vita ad una sommossa con lancio di estintori, reti dei letti, parti di finestre mandate in frantumi, pietre e quant’altro avevano sotto mano.

Hanno anche appiccato degli incendi a diversi materassi che sono stati lanciati contro i poliziotti in servizio di sorveglianza nel piazzale antistante alla palazzina di viale Cannatello. Tre agenti del reparto Mobile di Palermo sono rimasti feriti. Ieri sera, il prefetto di Agrigento ha poi disposto la chiusura della struttura e il trasferimento di tutti gli ospiti in un altro centro.

“Il Governo – affermano i sindacati – deve assumersi delle precise responsabilità su ciò che sta accadendo presso i centri di prima accoglienza, teatro di violenza inaudita nei confronti dei tutori dell’ordine, costretti a confrontarsi inermi con veri e propri scenari di guerra”.

“Siamo davvero stanchi di registrare feriti tra le forze di Polizia – spiega il Segretario Generale Nazionale M.P. Antonino Alletto -.   Abbiamo con insistenza rappresentato a chi ha il dovere di attivarsi, la necessità di provvedimenti normativi atti a sanare dei vuoti che rendono le forze di Polizia impiegate sul fronte dell’immigrazione come delle vere e proprie statuine. Sputi, parolacce, oggetti contundenti rivolti alle forze di Polizia che sorvegliano i centri di permanenza temporanea degli immigrati senza poter mai reagire”.

E ancora: “Noi chiediamo solidarietà ai cittadini e vorremmo che si mettessero dalla nostra parte. Il nostro è un grido di allarme.
Come Forze di Polizia vogliamo gli strumenti. Noi siamo in questi centri di accoglienza a fare le belle statuine. Abbiamo 300 uomini ad Agrigento impegnati sul fronte dell’immigrazione, sulla vigilanza delle cinque strutture che sono presenti sul territorio e puntualmente registriamo feriti.
I veri razzisti sono coloro che tengono queste persone in ambienti non idonei.
Inoltre bisogna precisare che dobbiamo tenere conto dei paesi di provenienza degli immigrati. Ci sono persone a cui dobbiamo rifugio politico, perché nei loro contesti rischiano di essere uccise. Ma ci sono tunisini, molti dei quali sono pregiudicati e sono soggetti che erano stati spediti nel loro paese e sono ritornati.
Noi chiediamo al Ministro degli Interni di trovare una soluzione altrimenti si dimetta. Noi vogliamo sapere dal Governo cosa possiamo fare.
Se quello che è successo ad Agrigento, fosse successo in un altro paese, sono certo che ci sarebbero state manifestazioni di piazza. Le Forze di Polizia non possono risolvere problemi che altri non vogliono risolvere”.

Per il segretario generale nazionale PNFD Francesco Picardi “la violenza non può trovare accoglienza nel nostro paese, oltre ai lanci di oggetti temiamo costantemente di contrarre il COVID-19, una situazione paradossale che sembra non avere mai una fine, poliziotti esposti ad un doppio pericolo, un dato inaccettabile”.

I Segretari delle organizzazioni sindacali P.N.F.D. ed MP della Federazione Sindacale di Polizia, sottolineano l’enorme disagio vissuto dai poliziotti impegnanti nel mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica.
E dicono: “Siamo noi che quotidianamente subiamo attacchi da parte di pseudo richiedenti asilo politico. Immigrati che non vogliono integrarsi ma semplicemente sfuggire alle regole democratiche di un paese che li vuole accogliere.
Agrigento non è Beirut, la gente è pacifica e non è bello vedere scene da film da guerra nel pieno centro abitato.
Auspichiamo un intervento normativo adeguato che impedisca che tali fatti criminosi possano ripetersi”.

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