Sono 1.425 i migranti ospiti, dopo il trasferimento di 349 di ieri sera con il traghetto di linea che è giunto a Porto Empedocle, dell’hotspot di Lampedusa.

Una struttura, in contrada Imbriacola, che potrebbe ospitarne poco meno di 400. I 349 giunti all’alba a Porto Empedocle sono in corso di smistamento, su disposizione della Prefettura di Agrigento, verso i centri d’accoglienza di Catania, Siracusa, Agrigento e alcune strutture delle Marche. Al momento, non sono programmati altri trasferimenti da Lampedusa.

Il boom della tratta libica

Ben 499, dei 1.326 migranti arrivati ieri a Lampedusa, sono partiti con 7 barconi dalla Libia: da Zuara, Sabrathra, Tripoli e Tagiura. Le prime avvisaglie del fatto che anche il fronte libico delle partenze illegali si fosse riaperto si erano avute lo scorso 28 aprile, quando con tre barconi sono giunti in 256. Ieri la conferma.

E non soltanto perché i migranti soccorsi hanno dichiarato di essere partiti dalla Libia, ma anche per il tipo di natante usato per le traversate. Se dalla Tunisia i migranti salpano con un piccoli barchini di metallo (6 o 7 metri) elettrosaldato che faticano a stare a galla, e su ogni natante vengono imbarcati al massimo una cinquantina di persone, dalla Libia si parte con barconi di legno di almeno 10 o 12 metri sui quali vengono sistemati, come dimostrato dagli sbarchi di ieri, fino ad un massimo di 130 persone. Cambiano inoltre le nazionalità: dalla Libia partono più egiziani, marocchini, siriani, etiopi e palestinesi. Dalla Tunisia invece salpano più persone originarie di Costa d’Avorio, Ghana, Gambia, Mali e Sudan.

Il naufragio

Ieri un barchino con 38 migranti a bordo è affondato venerdì sera in acque Sar maltesi, a circa 42 miglia da Lampedusa. Trentasette persone, fra cui 7 donne, sono state salvate dalla nave Ong Nadir e da tre pescherecci, prima di essere poi trasbordate su una motovedetta della guardia costiera. All’appello mancherebbe un uomo, originario del Burkina Faso e fratello di uno dei superstiti: secondo le testimonianze, potrebbe essere annegato dopo che l’imbarcazione si è ribaltata.

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