Accade che le colpe dei padri ricadano sui figli. Lo sa bene Gisella Licata, 36 anni, che non ha mai commesso alcun reato eppure ha dovuto fare causa allo Stato, davanti al Tar del Lazio, perché il ministero dell’Interno vuole impedirle di entrare in servizio dopo che la donna ha vinto un concorso da funzionario civile di prefettura.

La vicenda viene raccontata dal Giornale di Sicilia di oggi.
Accade tutto questo perché Gisella è figlia di Vincenzo Licata, 63 anni, in carcere da 20, boss mafioso di Grotte (Ag), condannato a tre ergastoli.

Gisella avrebbe dovuto prendere servizio il 4 febbraio firmando un contratto a tempo indeterminato.
Laureata in Giurisprudenza, è infatti arrivata al 414° posto in un concorso bandito dal Viminale: 250 le persone da assumere ma poi la graduatoria è stata fatta scorrere e sono stati assunti tutti gli idonei, tranne Gisella, nonostante abbia superato le prove “per titoli ed esami di personale altamente qualificato, appartenente al profilo professionale di funzionario amministrativo, nel ruolo del personale dell’amministrazione civile dell’Interno, da destinare esclusivamente alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e alla commissione nazionale per il diritto d’asilo”. Gisella avrebbe dovuto lavorare alla Prefettura di Palermo ed occuparsi quindi di migranti.

La sua assunzione, comunicatale il 28 dicembre 2018, è stata bloccata dal Viminale nonostante Gisella sia “esente da pregiudizi”. Il 2 febbraio infatti, due giorni prima della firma del contratto, Gisella ha saputo che non sarebbe potuta entrare in servizio, nonostante non c’entri niente con la storia del padre, in carcere da quando lei era bambina.

Come scrive ancora il Giornale di Sicilia, il 18 gennaio, sarebbe partita dalla questura di Agrigento una informativa diretta al Viminale che avrebbe bloccato tutto: “Si verrebbe a configurare – è stato scritto nella nota 0008764 – una situazione inconciliabile rispetto all’immissione nei ruoli di questa amministrazione, nella quale vengono svolte funzioni di particolare delicatezza, anche in materia di pubblica sicurezza”. Dunque sarebbero necessari approfondimenti “in ordine al possesso delle qualità morali e di condotta incensurabile”, con il risultato che la procedura di assunzione “è al momento sospesa” ma non si sa per quanto tempo.

Gisella, assistita dal legale Girolamo Rubino, ha fatto ricorso al Tar del Lazio chiedendo di sospendere la sospensione e di consentirle di prendere servizio.
Il Tar però potrebbe dichiararsi incompetente e decidere di mettere tutto nelle mani del giudice del Lavoro di Palermo o di Agrigento.

Come finirà questa vicenda? Secondo la questura di Agrigento, Gisella Licata risulta essere “di regolare condotta in genere e immune da precedenti e pendenze penali, non è dedita all’alcool né all’uso di sostanze stupefacenti”.

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