Sgominata a Caltanissetta un’organizzazione dedita allo sfruttamento di lavoratori nelle campagne, un vero e proprio sistema tra caporalato e lavoro nero. I poliziotti della Digos della questura di Caltanissetta hanno eseguito dieci misure cautelari nei confronti di stranieri accusati di appartenere a questa gruppo che reclutava manodopera sempre di cittadini non italiani. In gran parte i braccianti in nero erano di nazionalità marocchina e venivano destinati al lavoro in agricoltura in condizioni di sfruttamento. A richiedere le misure cautelari la Procura della Repubblica di Caltanissetta e a firmare il provvedimento è stato il Gip del tribunale.

Coinvolti anche proprietari terrieri

Le risultanze investigative hanno permesso di acquisire un quadro indiziario grave anche a carico di alcuni proprietari terrieri e imprenditori agricoli della provincia nissena e agrigentina per il reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Secondo l’accusa avrebbero utilizzato, assunto o impiegato la manodopera straniera reclutata dalla presunta organizzazione criminale, sottoponendo reiteratamente a condizioni di lavoro lesive della dignità, della sicurezza e della salute, approfittando dello stato di bisogno in cui i lavoratori versano. In particolare, sono state applicate due custodie cautelari in carcere e otto agli arresti domiciliari.

Le accuse

Secondo gli inquirenti ci sarebbe stata una reiterata corresponsione di retribuzioni nettamente inferiori a quelle previste dai contratti collettivi, e comunque sproporzionato al monte ore giornaliero lavorato. I lavoratori erano poi sottoposti a turni di durata superiore a quella consentita e a loro veniva negato ogni diritto in materia di malattia, riposo settimanale e ferie, Ad essere stata violata anche la normativa in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro, anche per quanto attiene ai controlli sanitari su conducenti dei camion e alla revisione dei mezzi di trasporto. Addirittura in alcuni venivano persino sorvegliati.

Paghe misere

Nel corso delle indagini della Digos è emerso che gli stranieri reclutati avrebbero percepito per una media di 8-9 ore di lavoro giornaliero un salario che si aggirava tra i 30 e i 35 euro per ogni giornata lavorativa, ulteriormente decurtato di circa 5-10 euro per le “tasse giornaliere” che sarebbero state imposte dagli autisti membri della presunta organizzazione criminale per le spese di trasporto dei lavoratori nelle aziende agricole e per la manutenzione dei mezzi utilizzati per svolgere tale attività. Inoltre gli operai non avrebbero utilizzato quasi mai dispositivi di protezione individuale e spesso sarebbero stati costretti a lavorare anche la domenica. Vivevano poi con la costante ansia di essere “licenziati”: venivano infatti minacciati che se non avessero svolto il lavoro “ad arte” avrebbero perso il lavoro.

Condizioni disumane

Sono diversi gli episodi registrati in cui alcuni operai, nonostante avessero manifestato malesseri o impellenti necessità familiari durante la giornata lavorativa, sarebbero stati costretti a rimanere sul luogo di lavoro fino alla fine della giornata e a riprendere l’attività, pena – minacciata esplicitamente – della perdita di ogni futura opportunità lavorativa.

Articoli correlati