• L’avv. Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino, e genero del giudice ucciso nell’attentato del 19 luglio del 1992 pochi giorni fa lo aveva accusato di aver nascosto la notizia dell’archiviazione del dossier mafia-appalti.
  • Oggi il magistrato Guido Lo Forte in aula si difende: “Non nascosi nulla, Borsellino sapeva”.
  • “Gravi anomalie dei Ros su intercettazioni”
  • Testimonianze anche di Pignatone e Scarpinato

“Tutto il pool antimafia, compreso Paolo Borsellino, sapeva della richiesta di archiviazione che peraltro riguardava una tranche residuale dell’indagine mafia-appalti. Spiegammo che era una scelta obbligata perché per le posizioni per cui volevamo chiedere l’archiviazione non avevamo prove e tutto ciò fu condiviso all’unanimità, senza rilievi. E’ assolutamente falso che avrei nascosto a Borsellino il fatto di aver firmato la richiesta di archiviazione. Borsellino era già informato di questa prospettiva e poi io stesso ne parlai ai colleghi, lui compreso, in occasione della riunione del 14 luglio del 1992″. Lo ha detto l’ex procuratore di Messina Guido Lo Forte, per anni aggiunto a Palermo, deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio.

La testimonianza

Lo Forte è stato citato dal legale di due degli imputati, l’avvocato Giuseppe Seminara che assiste i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, imputati del depistaggio e accusati di calunnia aggravata, insieme al funzionario di polizia Mario Bo. Oggetto della deposizione l’inchiesta mafia-appalti condotta dalla Procura di Palermo nei primi anni ’90.

Guido Lo Forte

Guido Lo Forte

Secondo alcuni legali proprio il rischio che da quell’indagine venissero fuori collusioni tra mafia, politica e imprenditoria sarebbe stata il movente dell’accelerazione dell’attentato a Borsellino che a marzo 1992 era arrivato come aggiunto in Procura a Palermo.

Qualcuno avrebbe temuto che Borsellino, occupandosi di quella inchiesta avrebbe rappresentato una minaccia. “Borsellino mi chiese solo se si trattava dell’indagine che riguardava anche un appalto di Pantelleria di cui già avevamo parlato e io risposi di sì- ha aggiunto – Il discorso finì lì”.

“Gravi anomalie dei Ros su intercettazioni”

Lo Forte ha confermato che i carabinieri del Ros comunicarono solo nel 1992 l’esistenza di intercettazioni del 1990 che avrebbero potuto evitare la richiesta di archiviazione e soprattutto che avrebbero potuto portare molto prima a indagini su politici e pezzi dell’imprenditoria italiana che poi la Procura comunque portò avanti.

“Si trattò di una anomalia grave – ha aggiunto – Come anomalo fu il fatto che il pm Lima di Catania ci avvertì molto dopo delle dichiarazioni di un testimone, il geometra Lipera, sull’imprenditore De Eccher che poi noi incriminammo. Informammo di tutto il Csm e il ministero della Giustizia”, ha concluso.

In aula anche Pignatone: “nessun contrasto su mafia-appalti”

“Borsellino, almeno in mia presenza e a riunioni a cui partecipai io, non disse mai che sull’inchiesta mafia-appalti si sarebbe potuto fare di più. Cioè non si è mai lamentato che l’indagine non fosse stata valorizzata come meritava”. Lo ha detto Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma, per anni in Procura a Palermo, deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio in corso davanti al tribunale di Caltanissetta.

Pignatone al processo depistaggio Borsellino

Pignatone al processo depistaggio Borsellino

Anche Pignatone è stato citato per riferire dell’inchiesta mafia-appalti secondo alcuni vero movente dell’attentato a Borsellino.

“Nessuno si è mai permesso di dirmi cosa fare dall’esterno o ha fatto pressioni – ha detto Pignatone – In caso contrario lo avrei denunciato. All’interno dell’ufficio l’allora procuratore Giammanco ci disse di lavorare e valorizzare gli elementi che andavano valorizzati, d’altro canto non si arrestano persone senza prove”, ha aggiunto Pignatone smentendo qualunque sottovalutazione dell’inchiesta mafia-appalti.

“A metà luglio facemmo un’assemblea dell’ufficio – ha spiegato il teste – In quel periodo dalla stampa arrivavano attacchi alla Procura e accuse di avere insabbiato l’inchiesta. Giammanco convocò i colleghi proprio per una operazione trasparenza e per spiegare come erano andate le cose. In quell’occasione Borsellino, con cui già avevamo parlato di una tranche dell’indagine, ci chiese se si trattava degli accertamenti che comprendevano un appalto di Pantelleria e gli dicemmo di sì. A quel punto rispose solo di parlarne con Ingroia”.

Scarpinato “a insabbiare il dossier mafia-appalti fu il Ros”

A puntare il dito contro i carabinieri del ROS anche l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, sentito stamani come teste al processo in corso a Caltanissetta.

“Dopo la morte di Paolo Borsellino, precisamente a settembre del 1992, il Ros dei carabinieri depositò la cosiddetta informativa Sirap in cui si sosteneva che dietro le illecite aggiudicazioni degli appalti in Sicilia c’erano politici come Nicolosi, Mannino e Lima. Scoprimmo allora che i carabinieri erano in possesso di intercettazioni a carico di questi e altri personaggi ‘illustri’ già dal 1990 e che fino al 1992, nonostante nel 91 ci avessero consegnato una prima informativa, non vi avevano fatto cenno”.

Roberto Scarpinato Processo depistaggio BorsellinoLa Procura all’epoca venne accusata con una campagna di stampa di aver insabbiato gli accertamenti. Accusa respinta da Scarpinato che ha ricostruito tutte le fasi dell’indagine che portò poi ad arresti e condanne di politici e imprenditori e quindi – spiega il magistrato – fu tutt’altro che chiusa. Tornando alle intercettazioni depositate dopo due anni dalla loro effettuazione Scarpinato ha aggiunto: “chiedemmo perché non ce le avevano depositate prima, un maresciallo del Ros ci disse che aveva ricevuto indicazioni dal Ros di non consegnarle perché non erano rilevanti”.

“Questo fu il vero insabbiamento – ha aggiunto – e fu fatto credere che la procura aveva intercettazioni su personaggi eccellenti e le nascondeva mentre le aveva il Ros. Fu una cosa gravissima ed è grave che ogni tanto, specie in fasi nodali di certi processi parte della stampa la ritiri fuori”.

Borsellino e l’indagine su mafia e appalti

“Borsellino mi chiese a fine maggio del 1992 a che punto fosse l’indagine mafia e appalti. L’inchiesta lui la conosceva perché aveva letto la richiesta di misura cautelare che avevamo fatto. Gliela avevamo mandata perché c’era un episodio relativo a un appalto di Pantelleria sul quale lui, da procuratore di Marsala, rivendicava la competenza a indagare. In quell’occasione gli feci una sintesi dell’indagine”.