“Il ragazzo non può rimanere ancora al Cie: si trova lì dal 13 aprile, un luogo di espulsione non è un posto adatto alle cure. Si deve assicurare il diritto alla salute in un posto idoneo: il ragazzo versa in condizioni di salute precarie. E’ come se un ragazzo con problemi psichici venisse curato da un mese in un carcere anziché in una struttura sanitaria”, dichiara la responsabile migranti della Cgil Palermo Buijou Nzirirane, che assieme al legale del ragazzo sta seguendo la vicenda dell’universitario marocchino rinchiuso al Cie di Caltanissetta a seguito dell’espulsione scattata a seguito del procurato allarme terrorismo al pensionato Santi Romano, a Palermo.
L’avvocato, dopo che il giudice di pace ha rigettato la richiesta di annullamento del provvedimento di espulsione, e aperto alla possibilità di un permesso di soggiorno per motivi di salute, sta valutando le vie da seguire, tra le quali il ricorso in Cassazione. Intanto si attende l’esito dell’istanza inoltrata dal legale a Questura e Prefettura per ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di salute. ”
“Penso che sia una pagina buia dell’Italia, che sta dimostrando di non essere un Paese che tutela in maniera adeguata i diritti degli esseri umani – dichiara il legale del ragazzo, Ilenia Grottadaurea – Noi stiamo eseguendo tutte le vie legali, al di là dell’istanza depositata per il rilascio del permesso di soggiorno di cui stiamo attendendo l’esito. Vogliamo assicurare una speranza di vita al ragazzo. Se l’istanza venisse accolta, il giovane sarà curato in una idonea struttura finalizzata a fornirgli le cure necessarie. Poi i medici valuteranno la situazione e la tempistica necessaria per le cure da fornirgli”. Aggiunge il legale: “Il provvedimento del giudice non ritiene indifferibili e urgenti le cure, ma comunque rappresenta la necessitò del ragazzo di ricevere dei trattamenti per la sua salute. Il giudice non ha tenuto conto del pregiudizio del ragazzo nel ritorno al paese d’origine, per via dei suoi problemi psichici, documentati dai medici dell’Asp di Palermo. Non ha ritenuto che si debba curare, ma riconosce la necessità di questi trattamenti”.
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