“Sul giornale ‘La Sicilia’ apparvero dichiarazioni del prefetto Carmine Valente, secondo il quale Antonello Montante e Rosario Crocetta erano coloro che potevano far rinascere la provincia. Inoltre, il prefetto si soffermava sulla zona franca della legalità. Feci a mia volta un intervento sui giornali, in cui sostanzialmente contestavo le parole del prefetto, esprimendo opinioni contrarie. Da allora cominciò il mio calvario”. L’ha detto l’imprenditore Pasquale Tornatore, deponendo come teste al processo di Caltanissetta sul cosiddetto Sistema Montante.

“In quel periodo – ha continuato Tornatore – venni a sapere che ero stato denunciato per minacce dal presidente del Consorzio universitario Emilio Giammusso, insediatosi ai primi del 2013. Quest’ultimo mi aveva contattato per fare un lavoro gratuito di comunicazione per il Consorzio. Avevo accettato. A metà agosto esce la mia lettera di commento al prefetto e per circa un mese Giammusso non risponde alle mie telefonate, email, e neanche alle sollecitazioni di un amico comune, Antonio Gruttadauria, dal quale in seguito appresi che aveva ricevuto una chiamata da Giammusso, il quale diceva che non potevo più occuparmi di quel progetto perché non era stata gradita la mia lettera di commento al prefetto. Dopo qualche giorno, Gruttadauria mi convoca nel suo retrobottega e mi dice che aveva saputo che ero stato querelato da Giammusso per minaccia. A febbraio 2014 vengo convocato in questura e mi viene comunicato che ho un avviso di garanzia per minacce: ho pensato che si trattasse della denuncia di Giammusso, ma vengo a sapere che era stata inviata una lettera intimidatoria a Carmine Valente e che ero sospettato di quel reato. A Palermo, per la perizia calligrafica, mi fecero scrivere ‘Carmine Valente va a correre al parco’. Questa inchiesta fu poi archiviata”.

“Un altro esposto – ha aggiunto – era stato fatto da Salvatore Pasqualetto, all’epoca presidente del Tavolo unico di regia per lo sviluppo e la legalità. Pasqualetto descrive il mio commento sul prefetto come un attacco alla legalità, lasciando intendere che io quasi ero connivente con il sistema mafioso, a loro dire riferibile all’ex presidente di Confindustria Pietro Di Vincenzo. Questo mio espormi pubblicamente nei confronti di Montante e del sistema, mi ha portato anche danni economici. Per tanti anni con la mia agenzia avevo curato la comunicazione del torneo di tennis. Un giorno mi chiamò Trobia (Michele Trobia, ex presidente del Tennis club, ndr) e mi disse: ‘Purtroppo Massimo Romano e Marco Venturi mi hanno comunicato che la tua società non deve più fare questo lavoro. E quando Caltaqua entrò a far parte di Assindustria, sparì come cliente”.

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