Il 20 agosto è stata inviata una “lettera aperta” al Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, con la quale si faceva presente che “per accogliere i migranti esiste già il CARA di Mineo e che basta solo riattivarlo per organizzare l’accoglienza dei migranti in quarantena, potendo contare su un patrimonio immateriale fatto di professionalità e competenze, espresso da centinaia di ex dipendenti, operatori sociali e professionisti dell’accoglienza”.
Qui di seguito il testo di un’altra lettera aperta degli stessi 63 ex lavoratori del C.A.R.A. di Mineo rimasti fino a oggi senza lavoro, “pronti a rimetterci al servizio del Paese, del suo sistema di accoglienza, volendo dare onore alla Sicilia, all’Italia e all’Europa” :
Si legge nella lettera: “In questi giorni registriamo una “pioggia di no” alla proposta di riattivazione del C.A.R.A. di Mineo. Tuttavia nessuna soluzione viene offerta al problema accoglienza, ma inutilmente cresce solo il conflitto tra le istituzioni.
Ovviamente noi abbiamo proposto la “riapertura in sicurezza”, sapendo che comunque in qualche luogo i migranti dovranno trascorrere la loro quarantena e il C.A.R.A. di Mineo si può organizzare (anche frazionare) e presidiare bene, tutelando la salute dei cittadini.
Noi stessi non siamo votati al suicidio e se pensiamo di poterci lavorare, lo vogliamo fare in sicurezza, cosi come lavorano gli operatori sanitari.
Noi siamo lontani dall’idea di salvaguardare qualsiasi forma di business, ma nutriamo solo il desiderio di riprenderci un lavoro che ci è stato scippato per mandare in onda uno “spot elettorale”.
Il C.A.R.A. di Mineo serve al sistema di accoglienza nazionale e non solo alle persone che prima ci lavoravano. E registrando le diverse risposte al nostro appello, ci sconvolge l’assordante silenzio circa la nostra situazione di disoccupati, abbandonati al nostro destino.
Nessuno è capace di indicarci una prospettiva di reinserimento nel mondo del lavoro, in una terra in forte depressione economica.
A noi sono stati riservati solo gli ammortizzatori sociali ordinari perché nulla di straordinario è stato attivato malgrado un licenziamento collettivo che ha interessato diverse centinaia di lavoratori, contrariamente a quanto accaduto per altre aziende, anche con molti meno dipendenti ma magari insediate nel Nord Italia.
Oggi, alla vigilia della scadenza di questi ammortizzatori sociali, la nostra prospettiva è quella di prendere in mano la “valigia di cartone” alla ricerca di fortuna fuori della nostra regione.
Svegliatevi e rendetevi conto che la vera emergenza in Sicilia è l’emigrazione, rispetto alla quale anche l’immigrazione va in secondo piano!
Per tutto questo siamo pronti a rimetterci al servizio del Paese, del suo sistema di accoglienza, volendo dare onore alla Sicilia, all’Italia e all’Europa”.
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