La Procura distrettuale di Catania ha disposto il fermo per concorso in omicidio di Luciano Valvo, di 55 anni, nell’ambito dell’inchiesta sul duplice femminicidio di Riposto. Secondo l’accusa, con la sua Volkswagen Golf nera
avrebbe accompagnato Salvatore La Motta, che poi si è suicidato, sul luogo del delitto di Melina Marino, nel lungomare della città ionica.
Le indagini sull’uomo che accompagnò il killer
Il provvedimento si basa su indagini dei carabinieri della compagnia di Giarre e del nucleo investigativo
del comando provinciale di Catania. Valvo, bloccato da militari dell’Arma mentre stava abbandonando la propria abitazione, nell’interrogatorio davanti al sostituto procuratore si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’uomo è stato condotto in carcere.
Il tremendo delitto
Si era presentato, a mezzogiorno, all’esterno della caserma dei carabinieri di Riposto, Salvatore La Motta, 63 anni, armato con una rivoltella, dicendo “mi voglio costituire”.
I militari, “tenendolo sotto tiro, hanno cercato di convincerlo” a lasciare l’arma e “non fare alcun tipo di gesto insensato, ma, purtroppo, è stato vano perché l’uomo si è puntato la pistola alla testa e ha fatto fuoco”. Così il comandante del reparto Operativo dei carabinieri del comando provinciale di Catania, il tenente colonello Claudio Papagno, parlando con i giornalisti davanti la caserma di Riposto.
La ricostruzione della tragedia
Le due vittime, Carmelina Marino, 48 anni, e Santa Castorina, 50 anni, ricostruisce l’ufficiale, sono state uccise, tra le 08.30 e le 10 di stamattina, “con un colpo di pistola al volto”. “La dinamica che potrebbe avere avuto con le due donne – aggiunge il tenente colonello Papagno – sono tutte in fase di accertamento. Indagini sono in corso per dare un movente. L’uomo era un pregiudicato che ha precedenti anche per associazione mafiosa. E per il primo delitto ha usato certamente un’auto”. L’ufficiale dei carabinieri sottolinea che stanno “sentendo diverse persone presenti sui luoghi dei delitti” che «stanno rilasciando dichiarazioni certamente utili”.
Era detenuto in semilibertà
La Motta era un detenuto in semi libertà che stava usufruendo di una licenza premio e sarebbe dovuto rientrare nel carcere di Augusta, nel Siracusano proprio il giorno del delitto. Lo si apprende dai carabinieri del comando provinciale di Catania che indagano sul caso.
Era stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise e d’Appello di Catania perchè accusato di essere uno dei componenti del “gruppo di fuoco” che il 4 gennaio del 1992 davanti a un bar del paese uccise Leonardo Campo, di 69 anni, ritenuto dagli investigatori uno dei capi storici della malavita di Giarre.
A La Motta, prima dell’arresto e dunque durante il dibattimento, era stato vietato di andare all’estero e gli era stato ordinato di abitare soltanto a Riposto. Dopo un primo periodo in carcere gli è stata concessa la detenzione in semilibertà, lavorava di giorno e la sera rientrava in carcere. Ieri era l’ultimo giorno di un permesso premio
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