“Ricordiamo la sua forza ‘calma’, la sua determinazione ‘dolce’, il suo impegno ‘discreto’ ma incessante”: così Antonio Pioletti ricorda Elena Fava, la figlia del giornalista Giuseppe scomparsa lo scorso dicembre, a cui sarà dedicata una giornata di studi.

L’Università di Catania ha deciso di dedicare alla memoria di Elena Fava il convegno che si terrà martedì prossimo 12 gennaio nell’auditorium dei Benedettini, dal titolo “Le verità nascoste: Moro, Mattarella, La Torre”.

Organizzato dal dipartimento di Scienze umanistiche in collaborazione con le associazioni Libera, Memoria e Futuro e Fuori dal Coro, la giornata di studio affronterà i riflessi storici, politici e sui buchi neri delle indagini dei delitti politici Mattarella per “avviare una riflessione più profonda, rivolta essenzialmente alle nuove generazioni, sulle stagioni stragiste che hanno segnato il nostro Paese dal dopoguerra ad oggi”.

Al convegno saranno presenti gli storici Nicola Tranfaglia e Aldo Giannuli, i giornalisti Alessandro Galimberti, Andrea Purgatori, Stefania Limiti, Paolo Mondani e Giuseppe Lo Bianco, gli avvocati Adriana Laudani e Armando Sorrentino, il vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia Claudio Fava, il sostituto procuratore di Palermo Nino Di Matteo.

Dalla fine degli anni ’70, quando Cosa Nostra azzerò in Sicilia una classe dirigente dall’impronta civile e antimafiosa (il presidente della Regione e il leader del principale partito di opposizione), storici, giornalisti, avvocati, docenti universitari e magistrati sono infatti impegnati in un’analisi “non di rado controcorrente, che prende le mosse dall’immediato dopoguerra (e dai misteri irrisolti della strage di Portella della Ginestra) e che non guarda soltanto alle risultanze di pur importanti processi in corso, tenuto conto che l’azione della magistratura in questi settant’anni ha evidenziato limiti oggettivi dovuti sia all’esigenza di trovare le prove concrete ma, in parte, anche a complicità, inerzie e distrazioni”.

Sarà quindi esaminata una fase storica segnata da attentati funzionali alla destabilizzazione del sistema per realizzare una forma di golpe strisciante che mutasse radicalmente il quadro politico-istituzionale in modo da favorire, anche, interessi mafioso-criminali.

“Per questo – prosegue il prof. Pioletti -, aprire una fase di riflessione collettiva che coinvolga i luoghi della ricerca, della formazione, dell’informazione, delle arti e del cinema, significa chiedersi fino a che punto i fatti del passato si ripercuotano sulle vicende del presente, rischiando di condizionarlo perfino nei delicati meccanismi di modifica dell’impalcatura costituzionale. Tutto ciò in un contesto di omologazione culturale influenzata da una narrazione falsata degli eventi storici che rende ineludibili domande dolorose e legittime che ancora attendono risposte”.

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