Tabulati telefonici, messaggi e social network: dal loro incrocio potrebbe uscire il movente del duplice femminicidio di Riposto e del suicidio dell’ergastolano Salvatore La Motta. Ne sono convinti gli investigatori che indagano sul caso, ance se qualcosa sarebbe già emerso: i tre si conoscevano.
L’ipotesi triangolo
E prende più corpo anche l’ipotesi che La Motta avesse avuto una relazione con Carmelina ‘Melinà Marino, di 48 anni, assassinata nella sua Suzuki Ignis sul lungomare Pantano, non sposata e madre di due figli. Sui profili social della donna emerge però che il suo grande amore è un fratello detenuto, anche se un video su postato su Tik tok del febbraio del 2022 attacca un uomo ‘traditorè.
In questo contesto la seconda vittima, Santa Castorina, di 50 anni, uccisa sul marciapiede della centralissima via Roma, potrebbe essere stata vista in qualche modo come una persona che ostacolava la relazione. Ma sono tutte ipotesi che al momento non trovano conferme ufficiali. Maggiori chiarimenti sulla dinamica dei due femminicidi verranno dalla visione dei filmati di sicurezza delle zone interessate che sono stati sequestrati e da altri che verranno acquisiti.
Le immagini delle telecamere
Nelle immagini delle telecamere di un’area di servizio, acquisite dai carabinieri, si vede il primo delitto: Melina Marino e sulla propria auto parcheggiata lungo la strada, l’omicida, dopo essere sceso dal veicolo guidato da un’altra persona, raggiunge velocemente la donna che sedeva sul lato guidatore, apre la portiera lato passeggero e sporgendosi nell’abitacolo fa fuoco, colpendola mortalmente al volto.
Il complice
L’auto con cui l’assassino arriva e poi va via è la Volkswagen Golf nera di Luciano Valvo, di 55 anni, fermato ieri sera per concorso nell’omicidio di Melina Merina. Il provvedimento si basa su indagini dei carabinieri della compagnia di Giarre e del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania. Valvo, bloccato da militari dell’Arma mentre stava abbandonando la propria abitazione, nell’interrogatorio davanti al sostituto procuratore che lo ha interrogato si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il legale: “Non regalano i permessi premio”
“Capisco l’iniziativa, ma Salvatore La Motta usufruiva di permessi premio da anni, durante il Covid non rientrava in carcere ad Augusta, ma dormiva a casa da familiari a Riposto. Aveva avuto un percorso rieducativo, tenendo una buona condotta, che l’avevano portato a diplomarsi mentre era detenuto». Così l’avvocato Antonino Cristofero Alessi, difensore dell’ergastolano in permesso premio suicida davanti la caserma dei carabinieri, dopo due femminicidi, sugli accertamenti preliminari urgenti sul caso disposti dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, all’Ispettorato generale. I permessi erano firmati dal magistrato di sorveglianza di Siracusa. E, aggiunge il penalista, «non è che li regalino, ma li si ottengono solo se si fa un certo percorso». «E in questo percorso, il mio cliente – rivela il legale – mi aveva raccontato che, quando non lo assistevo ancora io, aveva avuto modo di incontrare il Papa, ed era felice di questo ricordo»
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