Secondo la Procura avrebbe ucciso la compagna e provato a nascondere le tracce. Il gup di Catania, Luigi Barone, ha rinviato a giudizio Leonardo Fresta. Si tratta del titolate del panificio di 41 anni accusato di avere ucciso la convivente Debora Pagano, 32 anni, nel luglio del 2022, nella loro abitazione di Macchia, una frazione di Giarre. Secondo l’accusa l’uomo segnalò la morte della donna dopo un giorno e mezzo dal decesso. Fresta, difeso dall’avvocato Salvatore La Rosa, si è sempre dichiarato innocente. La decisione di indagarlo e mandarlo a processo in seguito ad alcune anomale risultanze investigative.

Una sequenza di anomalie che non convincono

Non è stata ancora fissata la data della prima udienza del processo, che si terrà davanti la Corte d’assise. “Il quadro indiziario raccolto – spiegò la Procura nel motivare il suo fermo eseguito dai carabinieri e poi convalidato del gip – ha permesso di collocare la morte della donna nella serata di venerdì 8 luglio del 2022. E di riscontrare una sequela di anomalie comportamentali da parte del fermato”. Furono portati avanti una serie di accertamenti dal medico legale e dalla sezione investigazioni scientifiche dei carabinieri. E i loro riscontri hanno indotto la Procura all’emissione del fermo.

In diverse stanze tracce di sangue

L’uomo, che a suo dire era in casa con la vittima, avrebbe dato l’allarme al 118 la mattina della domenica successiva perché “sotto choc“. Per la Procura le “anomalie” consistono nello “stacco temporale di oltre un giorno e mezzo tra il momento della morte e quello in cui è stato dato avviso dallo stesso Fresta al 118”. Eppure l’uomo si sarebbe, a suo dire, immediatamente reso conto del decesso. I carabinieri hanno anche rilevato mediante l’utilizzo del “luminol” la presenza di “diffuse tracce ematiche all’interno dell’abitazione”. Anche in ambienti diversi dal bagno e una “generalizzata, e ingiustificata per le circostanze, opera di pulizia dei luoghi”.

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