La Squadra Mobile ha dato esecuzione alla misura cautelare personale, emessa dal Gip del Tribunale di Catania, a carico di D.C.R. di 31 anni, sottoposta agli arresti domiciliari, e si S.G. di 47 anni e C.V.C. di 35 anni, entrabi sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sono ritenuti responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata all’esercizio di case di prostituzione ma anche di sfruttamento e favoreggiamento sistematico della prostituzione di diverse ragazze.
Le indagini della polizia
Le indagini della specializzata Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione della Squadra Mobile etnea, sono state avviate nel mese di febbraio 2020 a seguito di segnalazioni su una presunta casa di prostituzione nel centro cittadino. Il 31enne D.C.R. sarebbe stata la figura apicale dell’organizzazione caratterizzata da gerarchie interne e attribuzione di ruoli. In particolare, D.C.R., manager della prostituzione in casa, si sarebbe occupata del controllo, amministrazione e direzione in prima persona di tre case di prostituzione, di cui due a Catania ed una a Misterbianco (CT). S.G., invece, avrebbe avuto il compito della co-gestione della casa di Misterbianco (CT) ed, infine, C.V.C. avrebbe gestito, assieme alla compagna D.C.R. la casa di appuntamento, sotto la parvenza di un Bed & Breakfast, ubicato nel centro storico di Catania, dividendo con la stessa gli utili provenienti dalla prostituzione.
Un centralino del sesso
Altre tre indagati avrebbero svolto i ruoli di addetti al centralino e alle prenotazioni dei clienti che, attraverso siti dedicati, telefonavano per fissare le prestazioni sessuali, con tariffe a partire da 50 euro, a seconda della tipologia di “servizio” richiesto alle donne reclutate per sfruttarne la prostituzione. Tra i massaggi più “gettonati”, assicurati da quella che era poi una vera e propria impresa a carattere essenzialmente familiare, erano i cosiddetti “Touch me” e “Nuru massage”
Percettrice del Reddito
D.C.R., percettrice di reddito di cittadinanza, é stato anche contestato l’illecito per l’omessa comunicazione nei termini, ovvero dall’agosto del 2020, di redditi da lavoro irregolarmente svolto presso un negozio di abbigliamento sito in questo capoluogo.
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