I carabinieri della Compagnia di Paternò, hanno tratto in arresto un trentasettenne tossicodipendente del posto, con precedenti di polizia, resosi responsabile dei reati di maltrattamenti contro familiari o conviventi, atti persecutori, violenza sessuale e sequestro di persona aggravati, nei confronti della compagna trentatreenne.
Il procedimento penale trae origine da una querela sporta dal padre della vittima presso la stazione Carabinieri di Belpasso (CT), a seguito dell’allontanamento della figlia, avvenuto verso la fine di febbraio scorso, trattenuta contro la sua volontà dal compagno, all’interno della sua autovettura. Gli accertamenti condotti dagli operanti, tra cui l’analisi dei report GPS relativi agli spostamenti dell’autovettura, hanno permesso di riscontrare le informazioni raccolte in fase di escussione della vittima e delle persone informate sui fatti.
La storia
Nello specifico, i due coniugi si erano recati presso un avvocato per porre fine alla loro relazione, ma, all’esito dell’appuntamento, la donna, con la scusa di essere riaccompagnata a casa, è stata sequestrata ore e ore all’interno del veicolo del marito, senza mangiare, né bere. Il folle gesto ha avuto inizio nel momento in cui l’uomo ha compreso che non avrebbe potuto più in alcun modo recuperare il rapporto. Scoraggiato e amareggiato, ha deciso dapprima di dirigersi verso Catania, in compagnia della donna, per acquistare e consumare ripetutamente del crack, in zona “Playa”, per poi continuare a vagare a bordo della sua automobile. Solo l’intervento dei Carabinieri ha permesso di rintracciare l’autovettura del 37enne, mentre viaggiava in direzione Camporotondo Etneo, arrestandone la folle corsa.
La vittima, rincuorata dall’intervento dei militari dell’Arma, ha meglio chiarito la dinamica dei fatti, raccontando, tra l’altro, che, mentre era sequestrata, ha subito più tentativi di violenza sessuale ed è stata privata del suo telefono, che è riuscita ad utilizzare, mantenendo i contatti con il padre, solo nei momenti in cui l’uomo era in stato comatoso, conseguente all’assunzione di stupefacenti.
Il drammatico racconto della donna
La donna ha poi proseguito nel suo racconto, specificando che ha conosciuto il marito nel lontano 2009, con il quale ha intrapreso una convivenza due anni dopo, presso l’abitazione dei genitori di lui, sita a Ragalna. L’esperienza si è trasformata ben presto in un incubo, venendo totalmente privata della sua libertà e indipendenza economica, poiché era lui che si occupava di gestire i soldi che la donna guadagnava svolgendo fino a tre lavori contemporaneamente. La vittima, a cui era persino impedito di lavarsi con acqua calda per ridurre i consumi di gas, era costretta a chiedere i soldi per acquistare qualsiasi cosa, anche gli assorbenti nei periodi di ciclo mestruale e, quando andava a fare la spesa, era costretta, al ritorno, a mostrare lo scontrino al compagno. Non era, inoltre, libera di poter frequentare parenti e amici, tant’è che quando il padre si è recato presso l’abitazione dei consuoceri, per accertarsi delle condizioni della figlia, è stato malmenato dal reo. Nei rari momenti in cui quest’ultimo le concedeva qualche libertà in più, autorizzandola ad andare al mare con i suoi genitori, al rientro controllava i segni dell’abbronzatura, al fine di verificare che avesse indossato il costume da bagno. Nel 2015 i due si sono sposati, nonostante il parere contrario dei genitori di lei, e si sono trasferiti a casa di questi ultimi, a Belpasso, vivendo solo una breve parentesi in provincia di Como, nel periodo Covid.
Le violenze
La situazione è peggiorata nel momento in cui la donna ha scoperto che l’uomo era un assiduo consumatore di droghe, cocaina e crack nello specifico. In tale contesto, il suo bisogno di soldi era incessante e tale da portarlo a fare qualsiasi cosa, anche commettere furti, pur di procurarsi il denaro utile per acquistare stupefacente. Una volta ha addirittura pensato di “vendere” il corpo della propria compagna a sconosciuti, in cambio di soldi, cambiando idea solo quando la vittima gli ha promesso di cedergli dei suoi risparmi nascosti.
Le vessazioni subite dalla donna erano pressoché quotidiane, tant’è che veniva aggredita verbalmente, ingiuriata, anche in presenza di altri, con il termine di “scupina” o con l’espressione “sei buona solo a futtiri e forse manco a quello”, strattonata, sbattuta al muro, bruciata con l’accendino, abusata sessualmente e, in un’occasione, il marito le ha anche puntato il coltello da cucina contro. Particolarmente drammatico il periodo in cui la coppia non riusciva ad avere un figlio, quando la donna veniva offesa dal suo uomo, che la umiliava chiamandola “mula”.
Riusciti nel loro intento, durante la tanto voluta e attesa gravidanza, il reo non le ha mai fornito il supporto necessario, abbandonandola nel letto d’ospedale nei giorni immediatamente successivi al parto. L’aggressività e il delirio del 37enne non si sono placati nemmeno con la nascita della figlia e, infatti, alla presenza di quest’ultima ha più volte inscenato episodi d violenza, come le volte in cui ha picchiato ripetutamente e senza motivo il loro animale domestico, un pitbull regalato dalla donna alla bambina, arrivando addirittura a farlo sparire.
Il dolore sofferto dalla donna durante la relazione è stato tale da sopraffarla totalmente, incidendo sia sul fisico, tant’è che arrivata a perdere 13 kg, che sulla psiche, inducendola più volte a compiere gesti autolesionistici fino alla prospettazione di ipotesi suicidarie, desistendo da tali propositi solo dopo la nascita della figlia, che le ha restituito gioia e voglia di vivere.
L’uomo, che non si è mai arreso all’idea della separazione, arrivando persino a minacciare la donna e i suoi familiari, dicendo che li avrebbe distrutti e avrebbe tolto la bambina, è stato arrestato dai Carabinieri e tradotto presso la casa di reclusione di Catania – Piazza Lanza.
L’altro arresto della polizia, una donna incinta picchiata
Nella giornata di sabato 22 aprile, la Procura Distrettuale della Repubblica di Catania ha delegato alla Polizia di Stato l’esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di C.G. (classe 1999) per maltrattamenti ai danni dei figli minori e della compagna, per giunta incinta.
L’indagine, condotta dalla Squadra Mobile – “Sezione III Reati contro la persona, in danno di minori e reati sessuali” – che ha consentito al pm di richiedere ed ottenere il provvedimento restrittivo in argomento, scaturisce da una iniziale comunicazione di notizia di reato redatta da personale dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico a carico di C.G. responsabile di maltrattamenti perpetrati ai danni della sua ex convivente, all’ottavo mese di gravidanza ed in presenza dei due figli della coppia.
I successivi approfondimenti investigativi, coordinati dal pool specializzato di questa Procura, hanno permesso di appurare che C.G., spesso in stato di alterazione a causa dell’assunzione di stupefacenti, avrebbe maltrattato la convivente da lunghi anni, sin dall’inizio della loro relazione a causa dell’eccessiva gelosia, da cui sarebbero scaturite liti degenerate in atti di
violenza fisica e psicologica, nonché in limitazioni di libertà della giovane donna, alla quale sarebbero stati anche negati i contatti con la famiglia di origine. Rintracciato in tarda mattinata, espletate le formalità di rito, C.G., è stato sottoposto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, e quindi messo a disposizione dell’A.G. procedente.
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