- 2 morti e feriti in sparatoria tra clan
- Scattano 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere
- I collaboratori di giustizia ricostruiscono omicidi e tentati omicidi
I Carabinieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito una misura cautelare in carcere emessa dal Gip nei confronti di 14 persone indagate, a vario titolo, di concorso in duplice omicidio, sei tentati omicidi e porto e detenzione illegale di armi da fuoco in luogo pubblico. A tutti la Dda contesta l’aggravante di avere agito per motivi abbietti e avvalendosi delle condizioni previste dall’associazione di tipo mafioso, al fine di agevolare i clan di appartenenza.
La lotta tra i Cursoti milanesi e i Cappello
Al centro dell’inchiesta la sparatoria dell’8 agosto 2020 quando affiliati ed esponenti di vertice dei clan mafiosi dei ‘Cursoti milanesi’ e dei Cappello, su almeno 14 motoveicoli, si scontrati nelle strade del rione di Librino. Il bilancio dello scontro armato fu di due morti e di diversi feriti. “Esito che – sottolinea la Dda della Procura di Catania – poteva essere ben più nefasto se si considera che lo scontro a fuoco si è verificato di sera popoloso quartiere Librino, caratterizzato da un’elevata densità abitativa e dove i residenti, anche donne e bambini, soprattutto per la calura estiva, sono soliti trattenersi in strada fino a tardi”.
I fatti di sangue del 16 agosto 2020
Le indagini hanno consentito di ricostruire gli accadimenti e di definire le responsabilità personali in ordine ai gravissimi fatti di sangue avvenuti a Catania in data 8 agosto 2020, quando un gruppo di soggetti, costituito sia da semplici affiliati che da esponenti di vertice delle organizzazioni mafiose dei “Cursoti Milanesi” e del clan “Cappello”, entrambe operanti nel territorio etneo, hanno deciso di affrontarsi in armi sulla pubblica via, causando due morti e diversi feriti. Le indagini hanno consentito l’emissione, già il 16 agosto 2020, di due ordinanze di convalida di fermo d’indiziato di delitto e di applicazione della custodia in carcere nei confronti, rispettivamente, di Carmelo Di Stefano, considerato l’elemento apicale del gruppo mafioso dei Cursoti Milanesi, e di Martino Carmelo Sanfilippo, altro esponente della medesima organizzazione e uomo di fiducia di Di Stefano. Le indani sono proseguite grazie a collaboratori di giustizia.
Le rivelazioni dei pentiti
I collaboratori di giustizia hanno rivelato i retroscena delle vicende su cui alla basa vi è il contrasto insorto tra Carmelo Di Stefano e Gaetano Nobile nonché quello tra Salvuccio Junior Lombardo e Giorgio Campisi le fasi organizzative della spedizione e la dinamica effettiva del conflitto a fuoco. Le dichiarazioni hanno reso possibile individuare altri indagati che fanno parte del clan Cursoti Milanesi.
Un video che ritrae l’omicidio
È stato il video rinvenuto all’interno del telefono cellulare di Giovanni Scalia, padre di Vincenzo, raffigurante parte dell’azione delittuosa ancora in corso di consumazione e che consentiva di comprendere che la fattispecie delittuosa e la stessa azione omicidiaria si era articolata quantomeno in due fasi. Si trattò di un vero e proprio scontro armato tra esponenti del clan Cappello e Cursoti Milanesi sorto in seguito al verificarsi di diversi e distinti episodi di contrasto accaduti nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti i fatti, episodi che avevano nutrito e acuito una radicata e storica contrapposizione tra i due clan, sfociata, infine, nella spedizione organizzata da esponenti di rilievo del clan Cappello nei confronti di Carmelo Di Stefano e del gruppo di soggetti a lui vicini appartenenti al clan dei Cursoti Milanesi.
I nomi degli arrestati, tutti in carcere
Campisi Roberto, Cappello Massimiliano, Cavallaro Sebastiano, Cristaudo Renzo, Ferrara Gaetano, Guzzardi Luciano, Guzzardi Santo Antonino Lorenzo, Lombardo Salvuccio Junior, Nicolosi Giovanni, Nobile Gaetano, Puglisi Rinaldo, Sanfilippo Michael Agatino, Scuderi Davide Agatino, Viglianesi Rosario.
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