Concorso esterno in associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni di proprietà di soggetti appartenenti a Cosa Nostra. Sono le accuse mosse, a vario titolo, a sei persone vicine al clan Emanuello tratte in arresto o trasferite ai domiciliari in una vasta operazione antimafia condotta dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri nella Sicilia centrale.
L’operazione è scattata alle prime luci dell’alba di oggi lunedì 15 gennaio 2018, a Valguarnera Caropepe (EN) e a Capizzi (ME), a conclusione di articolate e complesse attività investigative, coordinate dal Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta ed eseguite congiuntamente dai Finanzieri del GICO del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caltanissetta e dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Enna.
E’ stata data esecuzione a sei ordinanze di custodia cautelare (due in carcere e quattro agli arresti domiciliari) emesse dal GIP del Tribunale di Caltanissetta nei confronti di Gabriele Giacomo Stanzù, 58 anni di Capizzi (ME), già detenuto per altra causa presso la casa Circondariale “Ucciardone” di Palermo e del fratello Nicola Antonino Stanzù di 41 anni.
La misura cautelare della custodia agli arresti domiciliari è stata emessa, invece, nei confronti di Carlotta Conti Mammamica, Ennese di 41 anni e moglie di Nicola Antonino Stanzù; della sorella Nunzia di 42 anni sposata con carlo D’Angelo; Antonio Di Dio, trentenne di Nicosia (EN); Carlo D’Angelo 54enne di Valguarnera Caropepe (EN);
Le indagini sono state effettuate seguendo il flusso patrimoniale di Gabriele Giacomo Stanzù, la cui figura era già emersa in pregresse indagini per fatti di mafia tanto da aver riportato una condanna definitiva per concorso esterno nell’’ambito dell’operazione “Dioniso”, coordinata, negli anni 2004 e 2005, dalla DDA di Catania.
Stanzù venne tratto in arresto, da ultimo, a novembre del 2011 con l’accusa di omicidio in danno di Francesco Saffila e condannato in via definitiva alla pena di 14 anni di reclusione.
Le indagini che hanno portato all’operazione di oggi sono scaturite dalle dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, che hanno parlato della contiguità di Gabriele Giacomo Stanzù con il clan gelese degli Emanuello e in particolare di rapporti con Daniele Emanuello ucciso in un conflitto a fuoco in occasione con le forze dell’ordine con il quale tentava di evitare la cattura nel 2007.
In una seconda fase sono state monitorate le operazione economiche effettuate da Gabriele Giacomo Stanzù nei confronti di propri congiunti e conoscenti. Dalle indagini sono emerse operazioni finanziarie e patrimoniali mirate a schermare i beni e le aziende riconducibili all’indagato per scongiurare un’eventuale aggressione preventiva dei
patrimoni. L’attività illecita ha permesso alla famiglia Stanzù, attraverso alcuni “prestanome”, di continuare a beneficiare dell’incameramento di aiuti comunitari.
L’individuazione di questi flussi anomali di capitali e di patrimonio, dalla disponibilità di Gabriele Stanzù a quella delle persone oggi tratte in arresto, ha permesso nel luglio 2017 ai finanzieri del GICO di Caltanissetta ed ai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Enna di sequestrare beni per un valore superiore a 11 milioni di euro, consistente in terreni, fabbricati, autovetture e diversi conti correnti postali e bancari.
Secondo l’accusa le ulteriori attività investigative svolte, anche avvalendosi di attività tecniche, hanno confermato la pericolosità sociale di Stanzù e la complicità degli altri indagati. Tanto il fratello Nicola Antonio quanto gli altri soggetti indagati hanno continuato, sempre secondo l’accusa, a gestire il patrimonio in nome e per conto dello stesso Gabriele Stanzù, attraverso trasferimenti fittizi di beni direttamente o indirettamente riconducibili a quest’ultimo.
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