Oltre un milione di euro il valore dei libri spariti. Probabilmente venduti ma sottratti all’imposizione fiscale e alla procedura fallimentare. I finanzieri del comando provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare reale e personale nei confronti di una società attiva nel commercio all’ingrosso di libri e del suo rappresentante legale, colpito dal divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche per la durata di 8 mesi, con contestuale sequestro di denaro e beni per un valore complessivo di oltre 300 mila euro. Il provvedimento cautelare è stato emesso dal Gip del tribunale di Patti, su richiesta della Procura.
Il quadro delle prove raccolte
In particolare, le indagini svolte dalle fiamme gialle della tenenza di Patti hanno consentito l’emersione di un convergente quadro indiziario concernente un articolato sistema di frode fiscale. Secondo l’ipotesi d’accusa, un sistematico e reiterato ricorso all’evasione fiscale, con notevole danno economico per le casse dello Stato. Nel dettaglio, nell’ambito di un’attività d’indagine di polizia giudiziaria in materia di reati fallimentari, veniva intrapreso un mirato controllo fiscale, volto a ricostruire, sulla persona giuridica investigata, i ricavi effettivamente conseguiti nell’annualità 2019, in cui aveva omesso di presentare all’amministrazione finanziaria l’obbligatoria dichiarazione dei redditi.
La scintilla dell’indagine
In questo contesto, l’attenzione degli specialisti di polizia economico-finanziaria veniva attirata dall’indicazione, nel bilancio aziendale dell’anno 2016, tra le rimanenze di magazzino, di ben 18 bancali di libri, del valore di oltre un milione e 200 mila euro. Un rilevante importo di cui, tuttavia, si aveva traccia documentale in contabilità sino all’agosto del 2018. Sentito dagli investigatori, il rappresentante legale produceva documentazione attestante il trasferimento di questo imponente materiale in un magazzino di un’altra società, con sede a Siracusa. Il successivo sopralluogo, tuttavia, restituiva una realtà completamente difforme: all’indirizzo indicato sulle carte corrispondeva un’abitazione, persino il portalettere di poste italiane sconosceva la società, oltre a non essere presente alcun dipendente.
Il Gip: “Condotta capziosa”
Questo elemento è stato ritenuto dal Gip dimostrativo di “una complessiva condotta decettiva e capziosa, talché – anche sulla scorta di presunzioni legali – i nominati libri sono stati, secondo ipotesi d’accusa, effettivamente venduti ed i relativi redditi sottratti all’imposizione fiscale”. Ma è stato scoperto anche altro. A confermare questo quadro ha contribuito anche la storia imprenditoriale dell’imprenditore destinatario della misura cautelare, già protagonista, insieme ad un’altra persona, di analoghe condotte. Società gestite sino alla soglia dello stato di insolvenza, poi oggetto di cessioni di quote e cambio degli amministratori, con successivo cambio di sede e denominazione, prima di indirizzarsi verso il preannunciato fallimento.
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