Un sindaco e un vice sindaco in carica e un ex assessore ai lavori pubblici di due comuni della fascia costiera Jonica nel Messinese e in particolare nella valle dell’Alcantara sono finiti in manette nell’ambito di una operazione per infiltrazioni mafiose nella macchina amministrativa pubblica

Sette gli indagati

Sono 7 le persone indagate per i delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e per diversi episodi di reati contro la Pubblica Amministrazione.

Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Messina, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura messinese, è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio.

I comuni coinvolti

Le indagini della Guardia di Finanza hanno riguardato l’infiltrazione mafiosa ed il condizionamento delle amministrazioni comunali dei Comuni di Moio Alcantara e Malvagna, centri della fascia ionica della provincia peloritana, ad opera di Cosa Nostra siciliana.

In particolare, le complesse indagini, svolte su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Messina dagli specialisti del Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata delle Fiamme Gialle di Messina, hanno consentito di far luce sull’operatività criminale di una cellula decisionale e operativa mafiosa del tutto autonoma rispetto alle articolazioni di Cosa Nostra catanese che, in passato, gestivano gli affari mafiosi anche nel territorio della valle dell’Alcantara.

Tale struttura criminale, secondo ipotesi accusa e che ha trovato una prima valutazione confermativa da parte del competente GIP del Tribunale peloritano, salvo il successivo vaglio di merito, è risultata in grado di ingerirsi, condizionandole, nelle dinamiche elettorali – politiche dei due comuni, oltre che nella relativa gestione dell’attività amministrativa, attraverso l’infiltrazione di soggetti alla stessa struttura criminale direttamente e/o indirettamente riconducibili.

Il metodo

In altre parole, non il classico gruppo criminale che fa della violenza il suo potere intimidatorio ma qualcosa di diverso, di molto meno visibile ma non per questo meno pericoloso, comunque forte di una ormai riconosciuta forza criminale: una “cellula criminale autonoma che, avvalendosi della legittimazione mafiosa derivante dalla contiguità al famigerato clan dei Cintorino, la cui fama criminale, anche per la efferata violenza di numerosi omicidi commessi alla fine degli anni ’90, promana senza alcuna necessità di ulteriori e specifici atti di violenza e minaccia, è riuscita ad imporsi all’interno del tessuto sociale delle due piccole realtà comunali”.

L’ordinanza

Le indagini, secondo le valutazioni del Giudice, documentano uno spaccato assolutamente significativo del nuovo modo di “fare mafia”: “un gruppo che, per il suo modus operandi, rappresenta l’evoluzione del modello tradizionale di associazione mafiosa che sfrutta la fama criminale ormai consolidata e che non abbisogna di manifestazioni esteriori di violenza, per intessere relazioni con la politica, le istituzioni, le attività economiche, al fine di imporre il proprio silente condizionamento”.

Gli ordini de detenuto

Uno dei principali indagati, anche da detenuto, disponeva affinché i suoi sodali prendessero contatti con le ditte appaltatrici di lavori assegnati dai due enti locali di Moio e Malvagna, anche garantendo sostegno ai candidati elettorali in occasione del rinnovo dei rispettivi consigli comunali.

Concretamente, le disposizioni da lui dettate venivano tradotte in azione operativa dal padre e, soprattutto, dalla sorella, quest’ultima Vicesindaco in carica del Comune di Moio Alcantara, entrambi oggi destinatari della custodia cautelare in carcere.

Le indicazioni al sindaco e all’ex assessore

Il gruppo indagato faceva pervenire al Sindaco di Moio inequivoche sollecitazioni, cui peraltro aderiva, affinché interessasse gli amministratori comunali di altre distinti enti locali a bloccare, o sbloccare, indebitamente, procedure esecutive a vantaggio della famiglia: comportamenti ritenuti sintomatici di una “patente subordinazione del sindaco”.

Dello stesso tenore, peraltro, la disponibilità offerta alla cellula indagata dall’ex Assessore ai lavori pubblici del Comune di Malvagna il quale, nell’interesse della medesima struttura criminale, si adoperava per l’assegnazione di appalti di lavori a ditte vicine, anche mediante il compimento di reati di corruzione e altri reati contro la pubblica amministrazione.

La corruzione

La corruzione, secondo ipotesi d’indagine e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato, è risultata il collante dell’operatività generale del contesto oggetto d’indagine; più in particolare:

il Sindaco di Moio, oggi destinatario della misura della custodia cautelare in carcere, unitamente al responsabile dell’Area Servizi Territoriali e Ambiente del Comune di Moio, oggi in quiescenza, accettavano utilità consistenti in somme di denaro o relative promesse; il medesimo Sindaco, inoltre, favoriva vendite di materiale edile da parte di una società in cui vantava cointeressenze, per compiere specifici atti contrari ai doveri d’ufficio, così turbando la procedura di gara relativa al recupero del tessuto urbano locale, a favore di un imprenditore di Santa Teresa Riva (ME), oggi posto ai domiciliari; analogamente, il già Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Malvagna (sino all’ottobre 2020), oggi associato in carcere, abusando della sua qualità e dei suoi poteri, induceva il rappresentante di una ditta edile di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), aggiudicataria di lavori pubblici a Malvagna, a rifornirsi di materiale edile da una ditta di Randazzo (CT), il tutto con lo scopo di agevolare l’associazione mafiosa oggetto d’indagine. Per tale interessamento, peraltro, il titolare della ditta edile catanese – parimenti destinatario di custodia cautelare in carcere – corrispondeva all’amministratore pubblico una dazione corruttiva.

Il percorso delle indagini

Le indagini dei Finanzieri di Messina, oltre a basarsi su attività tipiche di polizia giudiziaria, quali intercettazioni, rilevamenti, pedinamenti, perquisizioni e sequestri, si sono avvalse del contributo fornito da un importante collaboratore di giustizia che, a valle del suo arresto nella nota operazione “Isola Bella”, che ha documentato interessi mafiosi nel settore turistico, chiariva ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina le dinamiche criminali insistenti nella fascia ionica della provincia peloritana.