E’ attesa la prossima settimana la sentenza sul processo alla mafia dei Nebrodi. Un filone giudiziario denominato maxiprocesso “Nebrodi” e che vede alla sbarra 111 imputati. Parliamo di una delle più vaste operazioni antimafia sul versante dei fondi europei dell’agricoltura in mano alle mafie, mai eseguita in Italia e all’Estero. Sarà presnete in aula alla lettura della sentenza Giuseppe Antoci, il presidente onorario della fondazione “Caponnetto” che diede vita all’omonimo “Protocollo Antoci”, poi recepito nei tre cardini del nuovo codice antimafia e che sarà anche un riferimento per il pronunciamento dei giudici.

Antoci: “Si scrive una pagina di storia”

“Sarò presente in aula alla lettura della sentenza. Si chiude un cerchio e si scrive una pagina di storia, si libera un territorio. Da quel 2013 non avrei mai immaginato di attraversare una strada così tortuosa, non avrei mai pensato di dover rischiare la mia vita e perdere la mia libertà, così come non avrei certamente mai pensato di contribuire a creare una norma dimostratasi devastante per le organizzazioni mafiose”.

In camera di consiglio dal 2 ottobre scorso

I giudici del Tribunale di Patti sono in camera di consiglio dal 24 ottobre. La sentenza è prevista per le prossima settimana. “Sono stati anni di sofferenze e preoccupazioni – aggiunge Antoci – ma anche di vittorie. Spero in un verdetto esemplare che possa alleviare almeno in parte tutto il dolore di questi anni. Sono infatti convinto che nell’accidentato cammino della vita, gravido di inside, tragedie, paludi, meschinità, zavorre e miserie, la resilienza e la difesa senza se e senza ma della dignità rimane la sola vitale questione dell’essere umano”.

Le accuse e i Fondi europei per l’agricoltura

L’accusa contesta alle famiglie mafiose reati che ruotano attorno al lucroso affare dei fondi europei per l’agricoltura in mano alle mafie. L’inchiesta ha delineato i nuovi assetti delle due storiche associazioni mafiose tortoriciane, i Bontempo Scavo e i Batanesi, che oltre all’egemonia nella zona nebroidea erano in grado di interfacciarsi con le “famiglie” di Catania, Enna e del mandamento delle Madonie di Cosa nostra palermitana. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, truffa aggravata, intestazione fittizia di beni, estorsione, traffico di droga. L’indagine coinvolge anche imprenditori e professionisti insospettabili. L’indagine, condotta dai carabinieri del Ros, dal comando provinciale di Messina e del comando tutela agroalimentare e dai finanzieri del comando provinciale di Messina riporta che i clan avrebbero intascato indebitamente fondi europei per oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), l’ente che eroga i finanziamenti stanziati dall’Ue ai produttori agricoli.

L’alleanza tra i clan e i fiumi di denaro

I clan storici di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, grazie all’aiuto di un notaio compiacente e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli (CCA) che istruiscono le pratiche per l’accesso ai contributi europei per l’agricoltura, avrebbero incassato fiumi di denaro e, invece di farsi la guerra, si sarebbero alleati, spartendosi virtualmente gli appezzamenti di terreno, in larghissime aree della Sicilia ed anche al di fuori dalla regione, necessari per le richieste di sovvenzioni.

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