• Nel provvedimento della Procura di Reggio Calabria emergono le relazioni pericolose
  • I pentiti hanno svelato i rapporti tra alcuni vertici societari ed esponenti delle ‘ndrine
  • L’inchiesta Scilla e Cariddi  si fonda anche sulle intercettazioni

A parlare ai magistrati della Procura di Reggio Calabria ed alla Dia delle relazioni pericolose tra le ‘ndrine calabresi ed alcuni dirigenti della Caronte&Turist spa sono stati due collaboratori di giustizia.

I pentiti

Giuseppe Liuzzo e Vincenzo Cristiano sono le “gole profonde” degli inquirenti che, grazie a quelle rivelazioni, sono riusciti a comprendere il livello di infiltrazione della criminalità organizzata reggina. Come svelato dai pentiti e da altre documentazioni, nella galassia della Caronte&Turist avrebbero lavorato Domenico Passalacqua e Massimo Buda. Il primo, condannato in via definitiva, è indicato da Vincenzo Cristiano, come un esponente delle cosche Buda-Imerti e Zito, il secondo è il figlio di Santo Buda, che controlla le attività illecite a Villa San Giovanni. Nell’inchiesta Scilla e Cariddi, culminata con il sequestro per sei mesi del colosso societario, si è scoperto, inoltre, che 4 aziende, riconducibili a Passalacqua e Buda, avrebbero gestito alcuni servizi: ristorazione, pulizia, disinfestazione e prenotazione degli imbarchi.

“L’abbraccio tra il manager e il mafioso”

Nel corso della deposizione al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, Cristiano assicura di un rapporto diretto tra Passalacqua ed il manager della società Antonino Repaci, non indagato in questa inchiesta. I magistrati sostengono che Passalacqua, dopo la fine della sua condanna a 16 anni di reclusione nell’ambito del processo antimafia Meta, sarebbe rientrato in azienda, come testimoniato dal collaboratore. E sarebbe stato accolto a braccia aperte. “Sì, il dottore Repaci, per quello che so io, quando è uscito Passalacqua l’ha abbracciato fortemente, tipo che è un fratello.. Sì, l’ha abbracciato nel piazzale e dice che gli ha fatto un turno ad hoc, proprio a lui” ha spiegato il pentito

Le intercettazioni per l’assunzione di Passalacqua

E sul reintegro di Passalacqua nella Caronte&Turist i magistrati della Procura reggina hanno in possesso un’intercettazione del 21 gennaio del 2016 tra il manager Antonino Repaci e Calogero Famiani, indicato nell’ordinanza come amministratore delegato della società, anche lui non coinvolto in questa inchiesta.  Repaci: “C’è Passalacqua… sa che è uscito dal carcere ed ha chiesto di tornare a lavorare… non so se è un suo diritto o se è una…”. Famiani: “Se è un diritto per forza, se un’opportunità… deve decidere lei”. Nel provvedimento dei magistrati, risulta che il 14 marzo del 2016 “Passalacqua si recava presso gli uffici messinesi di Caronte&Turist e dopo un colloquio con un dirigente d’azienda, il dottor Tiziano Minuti, (non coinvolto nell’inchiesta ndr) otteneva la riassunzione”. Gli inquirenti sono certi, come riferito nella conferenza stampa di questa mattina, che Passalacqua, avrebbe ricevuto lo stipendio seppur detenuto.

L’assunzione del figlio del boss

Nell’ordinanza dei magistrati calabresi, spunta un altro particolare: il rapporto di lavoro di Massimo Buda con le società riconducibili alla holding. “Buda – si legge nel provvedimento della Procura – è dipendente della Caronte&Tourist così come emerge dall’estratto contributivo dell’Inps”.  C’è anche una intercettazione del 9 marzo del 2016 tra lo stesso Buda ed un dirigente, Rosario Donato, pure lui non coinvolto nell’indagine.  “La società ha preso un impegno sulla parola con te, tantissimi anni fa non ti adeguiamo, diciamo al di là di quelle che sono le note spese e le trasferte, quelle è un’altra cosa”. Secondo gli inquirenti, Buda avrebbe avuto poi la promozione di ispettore e con la sua forza intimidatoria avrebbe avuto un peso importante, al punto, nella tesi dei magistrati e della Dia di Reggio Calabria, di “trasferire un dipendente” e di tenere a bada le intemperanze di alcuni camionisti

Il no dei Franza

Buda, nella ricostruzione degli inquirenti, sarebbe stato sostenuto dal gruppo vicino ad Amedeo Matacena, ex deputato di Forza Italia, condannato in via definitiva nel 2013 a tre anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa perché ritenuto vicino alla ’Ndrangheta e tutt’ora latitante. L’altra parte importante della holding, quella dei messinesi Franza, avrebbe manifestato contrarietà, “Emergeva che in favore di Buda si stavano battendo Rosario Donato ed il dottore, da identificarsi in Antonino Repaci, mentre erano contrari l’ingegnere, da identificarsi nell’ingegnere Vincenzo Franza, la madre di quest’ultimo, Olga Mondello e Tiziano Minuti, procuratore speciale della Caronte&Tourist” scrivono i magistrati.

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