I finanzieri del Comando Provinciale di Messina, nell’ambito di un’inchiesta sul riciclaggio, stanno procedendo all’esecuzione del sequestro di società di capitali, conti correnti, beni mobili ed immobili, ed azioni riconducibili all’ex deputato Francantonio Genovese, al figlio Luigi, appena eletto all’Ars, ed ai suoi familiari.

Le indagini hanno inizialmente consentito di trovare fondi esteri per un ammontare pari ad oltre 16 milioni di euro, schermati da una polizza accesa attraverso un conto svizzero presso la società Credit Suisse Bermuda.

Luigi Genovese, 21 anni, recordman di preferenze alle ultime regionali siciliane, eletto nelle file di Forza Italia, figlio proprio dell’inquisito e chiacchierato ex deputato Francantonio, già condannato in primo grado a 11 anni per corruzione, è, a sua volta, indagato per riciclaggio di denaro.

I fondi sarebbero in parte transitati presso una banca di Montecarlo e intestati ad una società panamense (Palmarich Investments) controllata da Francantonio Genovese e dalla moglie Chiara Schirò; in parte (per oltre 6 milioni) sono stati trasferiti in contanti in Italia direttamente a Genovese attraverso “spalloni”.

In questo modo i Genovese avrebbero cercato di renderli irrintracciabili. Per gli inquirenti, le verifiche sui redditi di Francantonio Genovese, che ha sostenuto che il denaro fosse di suo padre, hanno accertato che il patrimonio di famiglia non è compatibile con le entrate dichiarate. Da qui la contestazione di riciclaggio per denaro derivante da reato, quantomeno da evasione fiscale.

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Dopo che la moglie del deputato nazionale ha aderito alla voluntary disclosure per la parte di sua competenza ed ai limitati effetti delle sanzioni previste dalla annualità in corso di accertamento, sono emersi altri illeciti. A partire dal 2016, a Genovese erano stati notificati da parte dell’Agenzia delle Entrate alcuni avvisi di accertamento per oltre 20 milioni di euro derivanti dalla conclusione di verifiche fiscali condotte nei suoi confronti: le indagini hanno messo in luce una complessa attività di ulteriore riciclaggio finalizzata anche a frodare il fisco.

E’ emerso infatti che gli indagati, anche avvalendosi di alcune società a loro riconducibili, hanno condotto operazioni immobiliari volte a trasferire ad altri beni immobili e disponibilità finanziarie per eludere il possibile sequestro dei 16 milioni provento del riciclaggio e per sottrarsi fraudolentemente al pagamento delle imposte e delle sanzioni amministrative che hanno raggiunto circa 25 milioni di euro. Genovese, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale nei suoi confronti, si è spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, attraverso la società schermo GE.FIN. s.r.l. (ora L&A Group s.r.l.) e Ge.Pa. s.r.l., di cui deteneva il 99% ed il 45% delle quote sociali, trasferendolo al figlio Luigi insieme a denaro proveniente dal precedente riciclaggio. Le partecipazioni societarie sono state dismesse attraverso strumentali e complesse operazioni di riorganizzazione del patrimonio sociale delle medesime.

compolessivamente il valore delle aziende, dei conti e degli immobili sequestrati perché considerati profitto o strumento di reato al parlamentare messinese Francantonio Genovese, alla moglie Chiara Schirò, al figlio Luigi neo eletto deputato all’Ars, alla figlia Rosalia e al nipote Marco Lampuri ammonterebbe a circa 100 milioni di euro.

Si tratta del sequestro preventivo più grosso mai effettuato dalla Procura di Messina. Il decreto è stato notificato a Genovese e ai suoi familiari e accompagnato da un’informazione di garanzia per i reati di riciclaggio e sottrazione indebita. Oltre ai soldi presenti sul conto di una società panamense, aperto in una banca di Montecarlo, e i conti correnti di Unicredit e di una banca messinese, sono stati sequestrati una villa, appartamenti a Roma e Taormina e quote di due società, la L&A e la Gepa, trasferite da Francantonio Genovese al figlio.

L’inchiesta è coordinata dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia. E’ il quarto neodeputato dell’Ars a finire ufficialmente nella schiera degli inquisiti.

 

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