I finanzieri del comando provinciale di Messina hanno dato esecuzione ad un nuovo provvedimento di sequestro di un bar nei confronti della figlia di un noto boss mafioso messinese. Quest’ultimo, recentemente balzato agli onori della cronaca nell’ambito dell’operazione antimafia “Provinciale”, eseguita dai finanzieri del nucleo di polizia economico e finanziaria di Messina, insieme a personale dell’arma dei carabinieri e della polizia di Stato – era stato sottoposto, lo scorso aprile, alla misura della custodia cautelare in carcere per le ipotesi di reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e scambio elettorale politico-mafioso.

Le misure previste nel “Codice antimafia”

Lo scorso settembre, in una nuova ordinanza di misure cautelari emessa dal gip del tribunale di Messina, su richiesta della Procura distrettuale antimafia e antiterrorismo di Messina, veniva contestato alla figlia del boss il reato di trasferimento fraudolento di valori. Secondo l’ipotesi d’accusa, comunque basate su imputazioni provvisorie e che dovranno trovare conferma in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, proprio al fine di eludere le disposizioni in materia di misure patrimoniali previste dal “Codice antimafia”, ovvero di agevolare la commissione di altri delitti, quali ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, la donna avrebbe assunto fittiziamente la titolarità di queste attività commerciali, che si trovano nel centralissimo corso Cavour di Messina e note per essere meta preferita della movida giovanile.

Sperequazione tra redditi e proprietà

Gli elementi indiziari hanno trovato convergenza, anche grazie ad una ricostruzione delle disponibilità patrimoniali acquisite nell’ultimo ventennio dal boss e dai componenti del suo nucleo familiare. Indagini finalizzate a verificare la compatibilità delle disponibilità patrimoniali rispetto alle capacità reddituali dichiarate. Da qui veniva restituito un quadro di “evidente sperequazione” tra gli incrementi patrimoniali rispetto al reddito legittimamente prodotto. Questo consentiva al giudice di disporre il sequestro preventivo, nei confronti della giovane donna, di due attività commerciali, una quota pari al 25% di una srl, altri 2 fabbricati, un autoveicolo e denaro contante pari a 15 mila euro.

Spunta fuori quest’altro locale

Traendo spunto investigativo dalla documentazione e dagli elementi di prova rinvenuti durante l’esecuzione del sequestro preventivo delle attività commerciali, gli specialisti del Gico del nucleo Pef di Messina hanno accertato la disponibilità del boss di un ulteriore esercizio commerciale. È stato acclarato, inoltre, come questa attività economica, fittiziamente gestita dalla figlia del boss, presenti, ancora una volta, un valore sproporzionato rispetto alle lecite fonti di reddito dichiarate dal nucleo familiare. Per tale ragione, il locale tribunale del riesame ne ha disposto il sequestro preventivo.

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