Dopo il primo caso accertato di contagio in Africa

Coronavirus in Africa, politici ed esperti preoccupati per il virus in Egitto

La notizia del primo caso accertato di Coronavirus in Egitto, un cittadino cinese, ha già scaldato gli animi della politica italiana.

Ne è prova, ad esempio, la dichiarazione di Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: «È estremamente allarmante per l’Italia. Se da un lato, infatti, è stato stabilito il blocco del traffico aereo da e per la Cina, dall’altro riteniamo urgente per la salute pubblica degli italiani attuare lo stesso provvedimento sulle nostre coste, al fine di evitare l’ingresso via mare di persone potenzialmente infette e contagiose. Fratelli d’Italia chiede al governo di attivare il prima possibile un blocco navale. Va impedito che l’epidemia del Coronavirus possa dilagare e trasformarsi in pandemia. Era fondamentale attuarlo prima, per bloccare l’immigrazione clandestina, diventa indispensabile farlo adesso, per scongiurare il rischio di contagi».

Contattato all’Adnkronos, poi, Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene e Medicina preventiva all’Università Cattolica di Roma, nonché rappresentante dell’Italia nell’Executive Board dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha affermato che «non è una buona notizia. Non tanto perché è il primo caso, ma perché significa che il virus si è spostato in un continente debole dal punto di vista della sanità pubblica, della capacità diagnostica e della capacità di risposta».

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Ricciardi, quindi, sostiene che dobbiamo sperare nella capacità dei servizi sanitari di reagire anche se l’Egitto «non è certamente un Paese fragile». Poi, prima di quantificare un rischio di estensione dei contagi, «dobbiamo capire bene la storia di questa persona – precisa – Da dove viene, che cosa ha fatto, come è arrivato in Egitto, che contatti ha avuto».

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A tranquillizare gli animi, però, ci ha pensato Vittorio Colizza, ricercatore dell’Inserm (Istituto nazionale francese di salute e ricerca medica), che negli scorsi ha lavorato a uno studio sulla preparazione dell’Africa a reagire a un’eventuale epidemia da Covid-19, individuando l’Egitto sia come il Paese a più alto rischio in importazione del virus ma anche come quello che ha un’alta capacità e preparazione a rispondere da un punto di vista sanitario all’eventuale emergenza:  «Adesso è importante capire quello che succederà, la capacità cioè di fermare il contagio: ho già sentito i colleghi che lavorano in Egitto, sono completamente dediti ma ovviamente concentrati e preoccupati».

Colizza ha aggiunto che, per evitare un’epidemia, «servono molte risorse e un sistema altamente attrezzato, che possa rilevare al più presto il caso sospetto e, nel momento questo sia confermato, abbia la capacità di isolarlo, tracciare i contatti che quella persona ha avuto, monitorare tutte le persone che possono essere potenzialmente contagiate. Sono passi in qualche modo scontati per i sistemi sanitari dei Paesi europei ma non altrettanto altrove: rapida identificazione, isolamento, diagnostica, laboratori ad alta specializzazione e personale super formato. Non è un caso che pochi Paesi africani abbiano deciso di rimpatriare dalla Cina i loro studenti: occorrono non solo risorse e logistica per il rimpatrio, ma strutture e personale adeguati per l’isolamento nel caso eventuale dell’insorgenza dei sintomi».

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