Massimo Galli, direttore di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, ospite di Agorà, su Raitre, ha avvertito sui rischi della malattia grave da Covid-19.
L’esperto ha detto: “Finisce con un tubo in gola anche chi non ha altre malattie, ma per i più vari fattori si è più suscettibili all’infezione che in loro fa una strada peggiore. Non siamo tutti uguali di fronte alla malattia, questo virus si comporta nelle persone come accidenti gli pare. Anche chi sta bene, veri atleti, li abbiamo visti con un tubo in gola. Vaccinarsi è fondamentale”
“Senza obbligo vaccinale non se ne esce”
“La decisione di non mettere l’obbligo vaccinale è stata una decisione politica, ma senza non se ne esce”, perché “se vogliamo continuare a non chiuderci di nuovo in casa, questa è l’unica soluzione”, ha detto Galli.
E ancora: “Non è colpa solo della politica italiana ma è un problema generalizzato dell’occidente e dei paesi industrializzati: nessun politico ha avuto la forza di porre l’obbligo per risolvere il problema in modo definitivo. È vero che quando lo fai l’obbligo, poi lo devi applicare ma, in chiave tecnica, o si tenta di ottimizzare al massimo le vaccinazioni oppure dubito si possa continuare in una situazione in cui, da noi le cose vanno come stiamo vedendo e in altri paesi del mondo si continuano a fabbricare varianti”. “Se si continua così – ha spiegato Galli – i tempi affinché si possa arrivare a una riduzione della patogenicità della malattia sono lunghi”.
“Speriamo che Omicron sia meno grave”
A proposito della variante Omicron, l’infettivologo ha detto: “più un virus mette mutazioni e meno di solito è in grado di creare problemi, e molte mutazioni potrebbero anche portar a creare problemi di replicazione. Quindi possiamo sperare che la nuova variante sia troppo mutata per essere pericolosa, ma va usato il condizionale”.
La nota positiva, ha concluso Galli, “è che abbiamo molti guariti e questi, checché se ne dica, hanno in larga maggioranza una buona immunità, più valida anche di fronte a nuove varianti. Purtroppo, però, continuiamo a non considerarla come popolazione”.
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