Sergio Abrignani, immunologo dell’Università Statale di Milano, intervistato dal Corriere della Sera, ha affermato che bisogna ormai distinguere “tra vaccinati e non vaccinati“.

Per i vaccinati, ha spiegato l’esperto, “essere contagiati dal Sars-CoV-2 potrebbe essere come prendere l’influenza che infetta ogni inverno milioni di persone, è letale in circa lo 0,1% (1 per 1000) dei casi ed è pericolosa soprattutto per gli ultra 70enni con patologie croniche importanti”.

Abrignani ha detto che “prima dell’uso estensivo dei vaccini, il Covid in Italia era letale nel 2-3% dei casi, avevamo al picco ogni giorno 30-40 mila infezioni e 700-900 morti. Il 12 gennaio, con circa il 94% della popolazione ultra 60enne vaccinata con almeno due dosi e molti con tre, e con la variante Omicron che ha preso il sopravvento, la media settimanale è di 172.500 casi e 216 morti al giorno, quindi una letalità dello 0,12%”.

E ancora: “I pazienti colpiti da Omicron sono tanti di più perché questa variante è molto, molto più trasmissibile di Delta, ma sembrerebbe che sia causa di una malattia meno aggressiva. Non possiamo dare la risposta definiva in quanto i dati sono preliminari”.

Per Abrignani il ritorno a una nuova normalità in Italia si può pianificare “dopo il picco atteso per fine gennaio (quando la curva dei contagi dovrebbe scendere)”.

Per l’immunologo, infine, “non ha molto senso ripetere una quarta dose a 2-3 mesi dalla terza con un preparato non aggiornato. Anzi, le immunizzazioni ripetute in tempi ravvicinati a volte producono lo spegnimento della risposta immunitaria. Vediamo i dati di Israele, quando arriveranno, e poi decidiamo” ma sarebbe diverso “fare una quarta dose di vaccino disegnato contro la variante Omicron”.