Siamo già al piano B. Nelle stanze della politica italiana di ogni latitudine, tra una telefonata a sostegno di una posizione per il referendum e un evento da organizzare per convincere gli indecisi, si pensa già al 5 dicembre. Che l’esito del voto referendario sia cruciale in particolare per il mondo renziano non è certo un mistero, ma qualcosa in chiave futuribile si muove anche sulle sponde del No.
Le frasi della scorsa settimana di Silvio Berlusconi a proposito delle leadership in campo sono state tutt’altro che sibilline e nonostante l’esegesi di Gianfranco Miccichè alle parole del Cav a proposito di Renzi, è evidente che qualcosa stia bollendo anche in casa Forza Italia per il dopo referendum.
Proprio il coordinatore siciliano del partito di Berlusconi in merito ad ipotetici scenari politici che potrebbero vedere addirittura (ma non troppo) un rassemblement con il Pd renziano ha ammesso a BlogSicilia che “può succedere di tutto”. Lo spettro dell’analisi di Micciché è piuttosto ampio: “Non c’è dubbio che bisogna cambiare il sistema politico, quello attuale del bipolarismo comincia a non funzionare più ammesso che abbia mai funzionato…”.
Ma c’è di più. Renzi è impegnato in prima persona sulla battaglia referendaria con un dispendio di energie non da poco; tuttavia, a prescindere dal risultato di domenica prossima che per carità resta fondamentale, il segretario dem sta di fatto testando la propria macchina da guerra che potrebbe tornargli utile quanto prima. E con ogni risultato.
Se lunedì 5 dicembre il fronte del No dovesse risultare vincitore con una scarto non eccessivo, l’ex sindaco di Firenze potrebbe ottemperare alla richiesta di dimissioni da premier sostenendo un governissimo deputato solo ad aggiustare la legge elettorale. Ma se vincesse il Sì, Renzi potrebbe clamorosamente essere nelle condizione di anticipare, ma solo di qualche mese, la scadenza naturale del 2018 per provare a prendersi tutto a rischio di tracciare un solco ancora più profondo all’interno del suo partito.
Insomma, comunque vada il premier, si trova già nelle condizioni di non spegnere mai la propria macchina elettorale che sarebbe prontissima per un eventuale voto addirittura subito dopo l’estate 2017.
Sarà fantapolitica, ma si spiegherebbero così anche le costanti incursioni del premier in Sicilia e dei suoi fedelissimi dove – qualora dovessero incastrarsi tutte queste variabili – si andrebbe ad una sorta di election day isolano, magari sfalsato di un paio di settimane, in cui finirebbero dentro: politiche, amministrative e regionali. Accadde la stessa cosa nel 2008.
Se fosse davvero così la partita sarebbe un poker texano dove chi vince porta a casa tutto. Resta da capire come e da chi verrebbe composto lo schieramento per puntare l’all in.
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