Il governo laburista del Regno Unito, guidato dal premier Keir Starmer, ha annunciato un progetto pilota per introdurre la castrazione chimica come misura per i condannati per reati sessuali gravi, come stupri e pedofilia.

L’iniziativa, che coinvolgerà inizialmente 20 carceri in Inghilterra e Galles, è stata presentata alla Camera dei Comuni dalla ministra della Giustizia Shabana Mahmood. La sperimentazione, per ora su base volontaria, consente ai detenuti di accedere a una riduzione della pena in cambio dell’adesione al trattamento farmacologico. Tuttavia, la ministra non ha escluso che la misura possa diventare obbligatoria in futuro.

L’obiettivo dichiarato è duplice: ridurre il rischio di recidiva tra i colpevoli di reati sessuali e affrontare il sovraffollamento carcerario, un problema cronico che affligge il sistema penitenziario britannico. “È fondamentale che questo approccio venga affiancato a interventi psicologici mirati ad altre cause di reato, come l’affermazione di potere e controllo”, ha dichiarato Mahmood.

Cos’è la castrazione chimica e come funziona

La castrazione chimica consiste nella somministrazione di farmaci anti-androgeni, come il medrossiprogesterone o la leuprolide acetato, che riducono la produzione di testosterone, l’ormone responsabile della libido e della pulsione sessuale. A differenza della castrazione chirurgica, questa procedura è reversibile: i suoi effetti cessano con l’interruzione del trattamento. I farmaci, spesso utilizzati in contesti clinici per trattare il tumore alla prostata, vengono somministrati sotto stretto controllo medico e in combinazione con terapie psichiatriche per affrontare le cause psicologiche dei reati.

Secondo alcuni studi, la castrazione chimica può ridurre la recidiva fino al 60% nei soggetti con impulsi sessuali compulsivi. Tuttavia, l’efficacia non è universale: i critici sottolineano che la riduzione della libido non elimina necessariamente le pulsioni devianti, che possono essere legate a dinamiche di potere o controllo, piuttosto che a stimoli ormonali. Inoltre, il trattamento presenta effetti collaterali significativi, come ginecomastia, osteoporosi.

Il contesto: sovraffollamento carcerario e riforme radicali

L’iniziativa si inserisce in un più ampio piano del governo Starmer per riformare il sistema penale e ridurre la pressione sulle carceri britanniche. Un rapporto commissionato all’ex ministro della Giustizia conservatore David Gauke, parte dell’Independent Sentencing Review, ha suggerito di ampliare un programma pilota già attivo nel sud-ovest dell’Inghilterra, dove 34 detenuti ricevono dosi mensili di farmaci per la soppressione della libido. Il rapporto, lungo 192 pagine, propone misure alternative alla detenzione per ridurre la recidiva e il tasso di criminalità complessivo.

Tuttavia, la proposta ha scatenato polemiche. Robert Jenrick, ministro ombra della Giustizia, ha definito la castrazione chimica una “trovata” per mascherare riforme che prevedono il rilascio anticipato di migliaia di detenuti. “Questa è una ricetta per un’ondata di crimini e una carta per uscire gratis di prigione”, ha dichiarato Jenrick, criticando l’approccio del governo. Inoltre, un noto psichiatra del Servizio sanitario nazionale (NHS) ha espresso dubbi sull’efficacia della misura, avvertendo che i medici potrebbero rifiutarsi di somministrarla se resa obbligatoria, citando preoccupazioni etiche e pratiche.

Esperienze internazionali: un confronto con l’Europa

La castrazione chimica non è una novità nel panorama internazionale. In Germania e Danimarca, il trattamento è utilizzato su base volontaria, spesso come parte di percorsi riabilitativi per i condannati. In Polonia, invece, è obbligatoria per reati sessuali gravi, come lo stupro di minori o familiari stretti, ma solo in casi estremi. Altri paesi, come Svezia, Finlandia e Norvegia, consentono la pratica solo con il consenso informato del condannato e in presenza di impulsi sessuali incontrollabili.

Fuori dall’Europa, la castrazione chimica è adottata in modo più coercitivo. Negli Stati Uniti, almeno otto stati, tra cui California e Florida, la utilizzano come parte integrante della pena, senza richiedere il consenso del condannato. In Russia e in Indonesia, è obbligatoria per reati contro minori. Tuttavia, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha criticato la pratica, definendola “coercitiva e illegittima” in una risoluzione del 2013, sollevando dubbi su efficacia, etica e rispetto dei diritti umani.

Il dibattito in Italia: la proposta della Lega

In Italia, la notizia della sperimentazione britannica ha riacceso il dibattito sulla castrazione chimica, con la Lega che ne sostiene l’introduzione. Il deputato Igor Iezzi, capogruppo in commissione Affari Costituzionali, ha accolto con entusiasmo l’iniziativa del Regno Unito, dichiarando: “Ottime notizie dalla Gran Bretagna: il governo laburista ha dato il via a un programma pilota di castrazione chimica per i condannati per reati sessuali. La Lega continua a ribadirlo a gran voce: serve quanto prima un trattamento farmacologico anti-androgenico per stupratori e pedofili anche in Italia. Nessuna pietà per chi commette questi reati indegni”.

La proposta della Lega non è nuova: già nel settembre 2024, un ordine del giorno presentato da Iezzi al ddl Sicurezza ha ricevuto il via libera del governo italiano per istituire un tavolo tecnico per valutare l’introduzione della castrazione chimica, su base volontaria, per i condannati per reati sessuali. L’obiettivo, secondo il vicepremier Matteo Salvini, è ridurre il rischio di recidiva attraverso “un servizio al cittadino”. Tuttavia, l’opposizione, in particolare il Partito Democratico, ha criticato la proposta come un cedimento alle posizioni estremiste della Lega.

Le critiche: etica, efficacia e costituzionalità

Nonostante il sostegno di alcune forze politiche, la castrazione chimica resta una misura controversa. In Italia, esperti come la psicoterapeuta Carla Maria Xella, che lavora con autori di reati sessuali, hanno sottolineato che solo una percentuale minima (circa il 10%) dei colpevoli, quelli con ipersessualità compulsiva, potrebbe beneficiare del trattamento. “In tutti gli altri casi, l’uso sarebbe inutile ed equivalente a una pena corporale, anticostituzionale”, ha dichiarato Xella.

Inoltre, la pratica solleva interrogativi etici: la somministrazione forzata di farmaci violerebbe l’articolo 13 della Costituzione italiana, che punisce ogni forma di violenza fisica o morale su persone sottoposte a restrizioni di libertà. Anche l’efficacia a lungo termine è incerta: alcuni studi suggeriscono che il calo della libido non impedisca comportamenti devianti, che possono essere motivati da dinamiche psicologiche più complesse.