Parallelismi verbali: “Azione”. Che è il nome della formazione politica scelto dall’ex ministro Carlo Calenda. Un nome che rievoca un certo perentorio comando cinematografico. Chissà che Calenda non abbia voluto rendere omaggio alla mamma e con lei a tutta la stirpe cinematografica che gli ha dato i natali dalla regista Cristina Comencini (la mamma, appunto) al più blasonato nonno Luigi fino alla zia, la sceneggiatrice e regista Francesca che ha diretto, per intenderci, la fortunatissima e anche criticatissima serie “Gomorra”.

Parallelismi, dicevamo. Dopo Azione c’è “Cambiamo!” che nel punto esclamativo finale tradisce – non se ne abbia a male il governatore della Regione Liguria – la matrice di destra di Giovanni Toti. Un esclamativo rivolto più al suo interno perché Toti, di recente, ha dovuto ribadire che il suo movimento è nato all’interno di Forza Italia per diversificare gli atteggiamenti che si sono vissuti nella formazione di Silvio Berlusconi fino a qualche mese fa profondamente critici nei confronti di Matteo Salvini e del mortifero abbraccio con i 5 Stelle. Ma adesso la storia è diversa e il Cambiamo! di Toti sembra aver perso forma e colore.

Parallelismi ancora: “Italia viva”. Ci ha provato e ci prova ancora l’ex premier Matteo Renzi che però subisce il peso della fortissima antipatia che il suo personaggio ispira. Antipatia si badi, non certo casuale né arbitraria: nasce tutta e si pasce dei comportamenti del senatore fiorentino che quanto a supponenza se la batte con l’omonimo Matteo (Salvini).

Parallelismi, infine: “La voce libera”. Di chi è questa voce? Di Mara Carfagna, vicepresidente della Camera dei deputati, la terza donna del cavaliere che vive un momento di stanca negli apprezzamenti personali di Silvio. Terza perché l’europarlamentare, già presidente del Consiglio, già patron di Mediaset, già incandidabile per effetto della legge Severino, già protettore della nipote di Mubarak, già un sacco di altre cose, ha piazzato le ex ministre Maria Stella Gelmini e Annamaria Bernini (anche lei è stata ministra per le politiche europee per cinque fulminei mesi fra il luglio e il novembre del 2011 nel governo Berlusconi IV) alla guida dei due gruppi parlamentari di Camera e Senato. E coperto la casella della vicepresidenza di Montecitorio, proprio con Mara.

La Carfagna è quella che nel maggio scorso durante un question time a cui era invitato il ministro degli Interni, Matteo Salvini lo ha ripreso in tono tanto autorevole quanto perentorio, zittendolo. Che in sé, considerando la logorrea verbale di Salvini, è stato un successo senza pari. Prima delle sardine.

Ecco le sardine. Ieri a Roma hanno riempito piazza San Giovanni, cancellando con un ideale gesto dell’ombrello, l’onta di quella piazza riempita proprio dai sostenitori della destra salviniana fino a qualche mese fa. Lo scontro, il dualismo, che in Italia contrappone da sempre – e sembra per sempre – sinistra e destra, destra e sinistra.
Allora i parallelismi almeno finché le sardine non “eleggeranno” a simbolo, esponente, rappresentante, un proprio portavoce e finché non avranno chiarito cosa vorranno fare da grandi, contrappongono questi personaggi: Calenda, Toti, Renzi e Carfagna.

Chi, secondo voi, ha maggiore favore di emergere in posizione anti-Salvini? Emergere elettoralmente? Poche chance tutti, bisogna ammetterlo, almeno nel bottino elettorale. Ma se una scommessa va fatta, forse va tentata la carta rosa. Perché Salvini quando sente nominare Mara Carfagna, diventa blu di rabbia. E conta e misura le parole per rispondere. C’è sempre il rischio di uno scivolone sessista con l’effetto che ad essere impalato sia proprio il Capitano. Ce la farà la Carfagna a smarcarsi dal suo dante causa, che pare non le voglia più bene, e interrompere lei stessa il mantra dietro cui si protegge? Ovvero il movimento nasce all’interno di Forza Italia da cui non esco “per ora”? Per ora, fino a quando, Mara?

Fin qui è riuscita a togliersi di dosso l’immagine della starlette scoperta da Silvio Berlusconi che la volle co-conduttrice insieme a Davide Mengacci del programma La domenica del Villaggio su Rete 4 dal 2000 al 2004. Bella è rimasta bella e certamente ha dimostrato di non essere solo tale. Anzi. Ora è il tempo di nascere come Venere da un’onda e mostrare a tutti di che pasta è fatta.

La Carfagna avrà il coraggio? E sicuri che sia la più credibile? No, questo è certo. D’altronde come la Meloni e la Boschi, anche la Carfagna deve fare i conti con il suo passato e con la costola da cui è nata.
Serve una donna però. Serve come il pane. Serve intelligente, in vista, motivata, credibile. Come la piccola Greta, come Ursula Von Der Leyen, come Marta Cartabia, come Liliana Segre, come Fabiola Giannotti.
Come loro ma più popolare. E magari pure una che non ci costringa a votarla turandoci il naso.
Serve un miracolo, insomma.

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