I  ricordi di bambina cresciuta con la famiglia in una caserma dell’Arma cambiando spesso città. L’adolescenza ribelle e il non saper stare troppo “nei ranghi”. Il varcare la soglia dell’età adulta fatta di nuove consapevolezze. Ma, accanto a lei, l’uomo che nonostante la sua triste e prematura scomparsa non smetterà mai di ballare insieme alla sua adorata figlia. Questa è l’immagine che Rita dalla Chiesa ha di suo padre Carlo Alberto, per tutti noi figura simbolo della
lotta delle istituzioni italiane contro il terrorismo e la mafia, vittima nell’82 di un infame agguato.

In occasione dei cento anni dalla sua nascita, l’autrice ci regala il ritratto commosso, orgoglioso, tenero e vivido, di un uomo che ha incarnato il senso della giustizia e della capacità di lotta contro le diverse forme del male sociale nel libro “Il mio valzer con papà”.

Ma, soprattutto, l’omaggio di una figlia che ha perso tragicamente suo padre, strappato troppo presto all’affetto suo e dei suoi fratelli.

“Ricordo, una sera, che eravamo al Circolo Ufficiali, e mio padre mi chiese di ballare. Finalmente era solo il mio papà, non il generale dalla Chiesa. Ballammo un valzer, Sul bel Danubio blu, e io ero felice. Lui con la sua divisa di
gala, e io con un abito lungo giallo pastello. La foto di quel valzer con papà, per me, rappresenta tante cose. Soprattutto una spensieratezza che non era certo la nostra compagna di vita”.

Proprio il prossimo 3 settembre saranno trascorsi 38 anni dall’eccidio mafioso di via Isidoro Carini, in cui persero la vita l’allora prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.

 

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