“Perdere l’11 per cento del Pil regionale, che si traduce in tre miliardi di entrate fiscali in meno per la Sicilia, non sarà facile da recuperare. Siamo stati dichiarati zona rossa, quando avevamo un numero di positivi equivalenti a quelli di una provincia lombarda. Era chiaro che la Sicilia e la Sardegna per la loro insularità non avrebbero potuto avere i numeri come il resto del Paese, bastava chiudere gli accessi, com’è stato fatto. Ma purtroppo ci sono gli innamorati del Covid. Ora per noi recuperare le perdite sarà molto più difficile che per la Lombardia ripartire con la cultura, con le mostre, come accade con quella di oggi, la prima dopo il lockdown, non dico salverà la Sicilia, ma è un segnale di grande coraggio”.

È quanto dichiarato dal presidente dell’Assemblea regionale Gianfranco Miccichè, nell’ambito della preview riservata ai giornalisti della mostra Terracqueo, voluta dalla Fondazione Federico II in sinergia con numerosi enti museali e culturali, fra cui il Mann, che ha prestato in via del tutto eccezionale l’Atlante Farnese, i musei capitolini, il museo etrusco di Volterra.

L’esposizione è visitabile fino al 31 gennaio 2021. Da segnalare anche la Nereide, ritrovata a Posillipo, risalente al I secolo, da escludere che possa derivare da un modello ellenistico.

Il Mediterraneo – ha continuato Miccichè – è tutto Terzo Mondo, tutti i Paesi che vi si affacciano sono più o meno poveri, ma è il centro della civiltà mondiale. Non credo che la civiltà porti povertà, ma è possibile il contrario, cioè che la povertà, le difficoltà e le battaglie quotidiane producano civiltà. Una civiltà che unisce i popoli del Mediterraneo: il pensiero, infatti, che essa possa dividere è una follia”. Miccichè ha poi aggiunto che i siti archeologici siciliani sono i più curati al mondo.

“Alla povertà materiale – gli ha fatto eco l’assessore ai Beni culturali Alberto Samonà – nel Mediterraneo, ha fatto sempre da contraltare una ricchezza culturale, artistica e di pensiero senza pari in altre parti del mondo. Terraqueo è il nostro mare, il mare nostrum, il rapporto fra terra e acqua è simbiotico. Il “ritorno” omerico diventa metafora del viaggio di tutti noi. La cultura, ho già detto durante l’estate, è il vaccino contro il virus. Ci siamo aggrappati alla cultura per ripartire”.

“Intorno a questa mostra – ha spiegato Patrizia Monterosso, direttore della Fondazione Federico II – si è riunita una comunità scientifica. Oggi, ricordiamo padre Puglisi che ha scelto di non adorare la dea apatia, usciamo da un periodo in cui riprendersi lo spazio culturale è molto difficile, ma con questa mostra siamo andati oltre l’esposizione, allestendo un racconto straordinario, cominciato milioni di anni fa con una collisione fra placche terrestri e costellato di guerre, ma anche di riscatti. I rostri esposti qui sono un omaggio ad un amico, ad un uomo straordinario delle istituzioni, Sebastiano Tusa, che con le sue ricerche e i suoi studi sulla battaglia delle Egadi ha cambiato i libri di storia, identificando il luogo preciso della battaglia”.

Sono 324 i reperti esposti, fra cui 12 rostri, romani e cartaginesi, rinvenuti dai luoghi in cui si consumò la battaglia che concluse la Prima guerra punica. Dai reperti riusciamo a leggere la diversa natura delle due civiltà venute allo scontro nel cuore del Mediterraneo: il pragmatismo romano si estrinseca nel nome del magistrato inciso sui rostri, su quelli cartaginesi, invece, si leggono formule apotropaiche.

Mozzafiato all’ingresso della mostra l’Atlante che regge il globo, databile II secolo dopo Cristo, copia di un’opera bronzea ellenistica. “un globo – ha osservato Paolo Giulierini, direttore del Mann – che non è quello terrestre ma celeste, riportante le costellazioni così come potevano essere osservate in età ellenistica; è probabile che l’originale fosse posta all’interno della biblioteca di Alessandria. È un prestito eccezionale, ai nostri “cugini” siciliani”.

Atlante, punto fermo capace di indicare la rotta, dialoga idealmente con la ricostruzione multimediale sul “cratere del naufragio”, un’opera ritrovata ad Ischia che raffigura un naufragio, probabilmente una spedizione in cerca di terre da colonizzare. Nel cratere sono raffigurati cadaveri di cui si cibano i pesci. Una scena cruda e di sconvolgente attualità. Un’installazione curata da Teichos.

Alla cronaca è dedicata la sezione il Mediterraneo oggi, un viaggio in 17 paesi, firmato dal giornalista Carlo Vulpio e Lucia Casamassima.