“Stiamo lavorando a un protocollo di intesa con la Conferenza episcopale siciliana per costruire una rete solida e capillare di antimafia sociale in grado di resistere a ogni condizionamento mafioso”. Lo ha detto Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale Antimafia, nel corso di un’intervista rilasciata a Radio Inblu, che segue a un incontro avvenuto nei giorni scorsi con monsignor Antonino Raspanti, presidente della Cesi e vescovo di Acireale.

Le parole di Cracolici

“Chiusa la parentesi della mafia stragista e sanguinaria che ora sta in carcere, dobbiamo puntare a realizzare la libertà dei nostri territori – ha aggiunto Cracolici – lavorando insieme alle agenzie educative a una sorta di ‘caritas della legalità’. Il fatto che i mafiosi si chiamino uomini d’onore è un ossimoro, eppure ciò ha creato un certo consenso nella società, prestato non solo per paura, ma per il convincimento culturale che con la mafia si dovesse convivere. Oggi i tempi sono maturi per dire che gli uomini del disonore sono criminali e come tali vanno isolati dalle nostre comunità.

Per questo, occorre rinforzare le agenzie educative del territorio e promuovere una democrazia della conoscenza che combatta anche le forme più subdole e pericolose della ‘borghesia mafiosa’, come l’ha definita il procuratore capo di Palermo. Ringrazio la Cesi, presieduta da monsignor Antonino Raspanti, per l’adesione a un protocollo di intesa che veda la chiesa protagonista, con le sue diocesi, nel definire un tessuto sociale forte contro la mafia”.

La commissione parlamentare antimafia

“Bene l’approvazione della commissione parlamentare antimafia che risponde anche al nostro appello e delle associazioni nazionali aderenti alla nostra rete. Un atto necessario in un periodo storico dove, al di là, dei grandi arresti e operazioni, di mafie e corruzione non se ne parla o se ne parla poco”. Così in una nota Libera in merito all’approvazione del disegno di legge sull’istituzione della Commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie. “C’è una grande difficoltà, o forse una resistenza, a cogliere l’evoluzione delle mafie nel nostro Paese, il loro legame con la corruzione, l’area grigia, la loro penetrazione nel mercato. Il rischio, sia a livello della politica, sia dei cittadini e della sensibilità pubblica, è di normalizzare – prosegue la nota -. C’è un lavoro serio e urgente da fare, perché le numerose inchieste portate avanti da magistrati e forze dell’Ordine dimostrano con chiarezza che mafie e corruzione sono ancora forti e che c’è bisogno di uno scatto, di un sussulto di coscienza e di responsabilità”

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