Chi si ricorda dell’insediamento di Rosario Crocetta a Presidente della Regione a novembre del 2012? Una delle prime domande che gli furono poste, sul fronte politico, fu sul dato principale uscito dalle urne oltre alla sua elezione. L’avanzata evidente dei 5 stelle.

“Proverò a collaborare con loro ma la mia elezione – disse più o meno Crocetta – è la dimostrazione che il populismo può essere arginato. Il mio non sarà un governo a cinque stelle ma di più. Il mio sarà un governo a sette stelle”.

Del tentativo di collaborazione che portò allinfausta legge di abolizione delle province si ricordano tutti i si pentirono subito anche gli stessi Cinque stelle che presero le distanze da Crocetta dopo nemmeno un anno.

Ora il governatore ci riprova e stavolta è meno amichevole. Lo fa col messaggio lanciato al Pd che perde un po’ ovunque e che La Repubblica questa mattina traduce con un semplice: “Affidatevi a me”.

Lui, il governatore massimo della Sicilia, amato dai siciliani ma non dai poteri forti, che tanto bene ha fatto a questa terra ‘liberandola dai lavoratori’ di qualsiasi stirpe e misura perché figli del sistema corrotto dei tempi andati ricorda bene di averli già sconfitti i Cinque stelle e dunque di essere lui la ricetta per la ripresa del Pd.

Mentre il sindaco di Palermo prende le  distanze e sostiene che il sistema dei partiti non funziona e non si farà restringere nell’alveo del Pd, Crocetta, invece, come un taumaturgo, il Pd lo vuole affidato, sicuro di portarlo all’apice come ha fatto con il suo governo.

E singolarmente proprio dopo la sconfitta elettorale, certamente non tragica perché in Sicilia questa tornata non era di primissimo piano, arrivano da Roma 500 milioni di euro insieme agli accordi per i trasferimenti stabili di risorse.

Una intesa che proprio Crocetta non esita a definire ‘Un fatto storico’. “L’accordo raggiunto – racconta Crocetta – è frutto della cooperazione fattiva con il Governo nazionale e un giusto riconoscimento alla politica di risanamento finanziario che la Regione ha impostato fin dal 2013, con risultati evidenti, confermati anche dal consuntivo del 2015 (+637 milioni di euro di avanzo) a fronte di un disavanzo di oltre due miliardi al 31/12/2012”.

“L’accordo rivede il sistema di entrate della Regione, cambiando lo schema vigente fin dal 1965, modificandone le norme di attuazione. Introduce un sistema che permetterà, a regime, di avere certezza delle entrate sulla base del “maturato”. A regime, l’intesa riconosce nuove e maggiori entrate, senza trasferimento di ulteriori funzioni da parte dello Stato, consentendo, tra le prime regioni in Italia, la possibilità di realizzare un equilibrio tra entrate e uscite basato sul principio del pareggio di bilancio. Rigore e riqualificazione della spesa a fronte di entrate pluriennali certe”.

Mettiamo definitivamente a posto i conti della Regione – dice il presidente – dopo tre anni di grandi sacrifici, diamo ai siciliani una Regione risanata evitando, una volta per tutte, lo spettro del default. Possiamo così avviare una nuova fase che potrà programmare il futuro dell’Isola. E’ stata inoltre approvata l’intesa sottoscritta tra il presidente della Regione e il presidente del Consiglio relativa ai 500 milioni, in modo tale da consentire lo sblocco delle somme già subordinate in bilancio alla medesima intesa. Con la nuova fase che si apre – continua il governatore – si dovranno intensificare le politiche di coesione sociale, attraverso il pieno avvio della programmazione comunitaria, con il sostegno alle piccole e medie imprese, attraverso politiche di solidarietà per le fasce più deboli: giovani e disoccupati. Risanati i conti  bisogna ripartire dagli ultimi. Grazie al presidente del Consiglio e al governo nazionale, grazie ai miei assessori che in questi anni – conclude Crocetta – hanno lavorato al mio fianco per risanare i conti della Sicilia”.

E su questo il presidente indice anche una conferenza stampa. Ma è già corsa a rivendicare la parternità. “L’accordo fra Stato e Regione, che sblocca le somme necessarie a rimettere la Sicilia in carreggiata, era uno degli obiettivi del ‘governo politico’, ed è stato raggiunto” dice Fausto Raciti, segretario regionale del PD Sicilia. “Questo passaggio consente alla Regione di avere riconosciute le proprie prerogative statutarie ed a Palazzo Chigi di non dovere avere ogni anno la preoccupazione di come nell’isola si chiude il bilancio. Adesso la Sicilia è responsabile della gestione delle proprie risorse, adesso – conclude Raciti – si può finalmente iniziare a programmare”.

Insomma un grande successo per tutti anche se tutti dimenticano alcune cose di ‘secondaria importanza’. In primo luogo che i 500 milioni sono il risarcimento per lo scippo del sistema di elaborazione delle buste paga dei dipendenti pubblici che operano in Sicilia spostato nel centro Italia sottraendo le tasse pagate da questi siciliani ai bilanci della Sicilia.

Sugli altri trasferimenti ci si dimentica di dire che sono il ‘risarcimento’ per l’abrogazione di fatto dell’autonomia fiscale della Sicilia che d’ora in poi considererà questo trasferimento come risarcimento delle tasse che non incassa direttamente ma che Roma introita e spende e nessuno riesce a quantificare (inutile aggiungere che per gli indipendentisti si tratta di importi ben più alti).

Di fatto da oggi la Sicilia sarà trattata alla stregua di un qualsiasi altro Ente Locale con trasferimenti stabiliti da Roma e non con risorse proprie. Non muore l’Autonomia in teoria ma muore quella fiscale. E viene salutato come un grande risultato il trasferimento delle risorse dovute. Ma il bilancio è salvo, almeno per il 2016.

D’ora in poi, però, i governi regionali dovranno fare i conti con Roma come un figlio che non riesce a divenire autonomo e aspetta la sua paghetta da papà.