Fece un abuso ma viene comunque assolta nonostante abbia portato via con la forza una bambina, sottraendola alla mamma biologica. Quella piccola finì ad un’altra coppia nel Palermitano per poter essere accudita. Un gesto che il giudice ha ritenuto “necessario”, quasi amorevole. Ecco perché l’imputata è stata assolta. La sentenza, destinata a far discutere, è della seconda sezione penale del tribunale di Palermo ed è riportata oggi dal Giornale di Sicilia.

Contesto complicato

Secondo la ricostruzione fatta nel corso delle indagini e del processo, l’imputata avrebbe letteralmente strappato la bambina dalle mani della mamma. Un gesto apparentemente violento ma che avrebbe avuto in realtà un fine amorevole: salvare la bambina da un contesto difficile e degradato. Infatti la piccola era figlia di una prostituta di Palermo. La sua vita sregolata l’avrebbe portata a non poter essere sempre presente e attenta alle necessità della figlia. Almeno questo è stato il ragionamento della donna finita sotto processo. Quel gesto però le è costato una denuncia e un processo.

Senza una fissa dimora

A finire dietro la sbarra una donna trentenne, accusata di sottrazione di minore. Con questo capo d’imputazione fu rinviata a giudizio. Nel corso del processo la donna, tramite il suo legale, ha riassunto il difficile contesto familiare della bambina. Ad essere raccontate le situazioni border line che si possono vivere in una famiglia dove la mamma è prostituta. Non solo: non aveva neanche una fissa dimora. Proprio per questo la 30enne decise di fare un atto di forza. Un giorno le tolse di mano letteralmente la piccola e la portò altrove. “L’ho fatto per dare una vita rassicurante alla bambina che non poteva avere in quel contesto” raccontò l’imputata. Tesi che evidentemente ha fatto breccia nel cuore del giudice.

L’affidamento arbitrario e l’assoluzione

La bambina fu affidata ad un uomo e una trans, che convivono nello stesso tetto a Bagheria. Come spiegato nel corso del processo questa nuova casa era rassicurante, poteva garantire quel che era necessario alla bambina. Amore e sostentamento economico. Il giudice, nell’emettere la sentenza, ha da una parte evidenziato che il reato oggettivamente è stato commesso. Dall’altra però è stato ricostruito che l’imputata fece questo gesto per necessità, spinta proprio da quell’istinto di dare alla bambina di appena un anno una speranza. Che invece, a suo dire, con la sua madre biologica non avrebbe potuto avere.

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