I presunti boss di Borgetto tornano in libertà. Sono stati scarcerati dopo 6 anni di detenzione per “decorrenza dei termini”. Per essere più specifici il giudice di appello che li ha condannati ancora dopo quasi due anni non ha depositato le motivazioni della sua decisione. Questo ha fatto scattare in automatico la loro scarcerazione perché sono decorsi i tempi massimi per la custodia cautelare. Insomma, non potevano essere più tenuti dietro le sbarre. E dunque le porte del carcere per tre di loro si sono riaperte.

In quattro sono imputati

Ad essere usciti fuori sono Nicolò Salto, già in passato condannato per mafia, che aveva avuto in appello ben 18 anni di carcere; e poi figurano padre e figlio, Giuseppe e Francesco Giambrone, che rispettivamente avevano avuto inflitti 15 e 9 anni di reclusione. In realtà ne figura un quarto, Antonio Salto, figlio di Nicolò, il quale aveva avuto inflitti 12 anni. Però quest’ultimo in carcere non è mai andato per il semplice fatto che si è dato alla macchia. Da evidenziare che per tutti e quattro erano arrivati forti sconti di pena in appello rispetto alla sentenza di primo grado.

Il processo

Il processo è scaturito nell’ambito dell’operazione antimafia Kelevra, che portò dietro le sbarre in tutto 9 presunti affiliati alla cosca. Questi quattro sono quelli che hanno optato per il processo con rito ordinario. Già a partire dal 2012, i carabinieri di Partinico, coordinati dalla Procura distrettuale di Palermo, avevano avviato un approfondito monitoraggio sulla famiglia mafiosa di Borgetto, con particolare riguardo alle figure di  Antonino Giambrone e dei fratelli Tommaso e Francesco. Gli elementi acquisiti avevano evidenziato da subito il ruolo di comando assunto dai Giambrone rivelando le dinamiche associative dell’organizzazione criminale.

I conflitti

L’11 febbraio del 2013 venne  scarcerato  Nicolò Salto, storico esponente mafioso in opposizione allo schieramento della famiglia Giambrone: una contrapposizione che aveva già condotto all’omicidio di Antonino Giambrone, 45 anni. Nicolò Salto, tornato in libertà, aveva cerca immediatamente di imporre la sua presenza sul territorio, secondo quanto accertarono anche i carabinieri i quali registrarono i primi segnali di affermazione in alcuni danneggiamenti a imprenditori locali. Seguì una pax mafiosa e alla fine i due gruppi criminali trovarono un accordo per gestire gli affari sino all’arrivo di questa ennesima operazione antimafia.

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