Nuova udienza del processo d’Appello a Perugia per la vicenda relativa all’espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia avvenuta nel 2013. Presente in aula, oltre ai sei dei sette imputati – tra i quali l’ex capo della Squadra Mobile di Roma ed ex questore di Palermo Renato Cortese (l’uomo che catturò il boss della mafia Bernardo Provenzano) e l’ex capo dell’ufficio immigrazione ed ex vertice della Polfer Maurizio Improta – anche Alma Shalabayeva, moglie del kazako Muktar Ablyazov, parte civile nel procedimento.

Pignatone “Convinti che quel passaporto fosse falso”

“Ci siamo convinti più che mai che quel passaporto fosse falso e fosse nostro dovere concedere il nulla osta (all’espulsione)”. A parlare dal banco dei testimoni è l’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, dopo che nella scorsa udienza la corte d’appello di Perugia ha riaperto il dibattimento per sentire come testimoni anche l’ex procuratore aggiunto Nello Rossi e il Pm Eugenio Albamonte. Per la sentenza di primo grado, che aveva condannato sei poliziotti e un giudice di pace, i tre magistrati romani sarebbero stati “tratti in inganno” dalla polizia per consentire l’espulsione della moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov e della figlia di sei anni Alua.

“Mai nessuna pressione da Cortese”

“Non ho mai avuto nessuna pressione da Renato Cortese” e “Maurizio Improta quel giorno non l’ho proprio sentito, non lo conoscevo”, ha precisato l’ex procuratore di Roma che da ottobre 2019 ricopre l’incarico di presidente del tribunale vaticano.

La prima notizia sul blitz nella villa di Casal Palocco a Roma, dove la squadra mobile cercava Ablyazov, “me la diede Cortese, dicendo che il suo ufficio – ha proseguito Pignatone – doveva andare a fare una perquisizione su mandato dell’Interpol alla ricerca di un latitante kazako”. Non una comunicazione formale, “me lo disse perché ci vedevamo spesso e stavamo trattando la vicenda del clan Fasciani. Il senso era comunicare: non faccia molto conto sui miei uomini in quei giorni”.

Il nulla osta per l’espulsione della donna, invece, venne emesso e bloccato momentaneamente in seguito alle istanze dell’avvocato della donna, che sosteneva l’autenticità di quel passaporto centroafricano che riportava le generalità di Alma Ayan, precisando che fosse la moglie di un dissidente del governo. Un documento però considerato falso da un parere della Polaria. “Resto convinto della falsità del documento. E dopo nove anni mi chiedo ancora come sia possibile affermare il contrario con un passaporto che riporta un nome diverso”, ha aggiunto Pignatone davanti alla corte d’appello presieduta da Paolo Micheli.

Secondo le testimonianze in aula, la preoccupazione della procura romana era evitare di espellere un diplomatico. Ipotesi superata da una nota della Farnesina – ha ricordato l’ex capo della procura capitolina – dalla quale emergeva che la donna non godesse dello status diplomatico in Italia. L’avvocato della Shalabayeva “non mi parlò di problema incolumità” in seguito all’eventuale rientro in Kazakistan, ha detto invece il sostituto procuratore Eurgenio Albamonte, allora titolare del fascicolo sul sequestro del passaporto della donna.

“Non ho mai capito perché quel giorno gli avvocati non abbiano mai chiesto asilo politico”, è stata la considerazione di Pignatone.

Albamonte “Avvocato di Shalabayeva non mi parlò di problema incolumità”

“L’avvocato di Shalabayeva non mi parlò di un problema di incolumità”. A dirlo in aula il sostituto procuratore di Roma Eugenio Albamonte sentito come testimone in aula. “Venne da me l’avvocato Olivo e mi disse che si trattava della moglie di un personaggio kazako – ha detto Albamonte titolare all’epoca dei fatti del fascicolo aperto a Roma – considerato oppositore del governo e che il passaporto era autentico. L’oggetto della conversazione era incentrato sull’autenticità dei documenti”.

Alla domanda se la procedura del nulla osta per Alma Shalabayeva fu eccezionale, Albamonte ha risposto: “Non mi era capitato prima di rilasciarne uno, sospenderlo e poi rilasciarlo nuovamente e fu la prima volta che per un nulla osta interloquì con il procuratore”.

“Dopo il deposito di alcuni documenti decidemmo di sospendere il nulla osta in attesa di fare chiarezza. Improta mi chiamò per chiedermi chiarimenti e per dirmi che erano all’aeroporto e che c’era un volo a breve che poteva essere utilizzato per il ritorno della signora in Kazakistan. Mi disse, inoltre, che c’era urgenza di saperlo e io risposi che ci saremmo presi il tempo necessario. Fu una chiamata che ritenni inopportuna e la riferì al procuratore. Anche se la percepì come un’esigenza organizzativa”.

Prossima udienza il 14 aprile, sentenza attesa per maggio

Nella prossima udienza in programma per il 14 aprile la parola passerà prima alla procura generale per la requisitoria e poi alle parti civili, e nelle altre date calendarizzate sara’ la volta delle difese. La sentenza, invece, è attesa entro maggio.

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