Diciassette anni dopo, la Cassazione scrive la parola fine sull’angosciante vicenda del sequestro, concluso con la morte dell’ostaggio, del possidente di Partinico Pietro Michele Licari. Fu rapito all’età di 70 anni, il 13 gennaio 2007, la morte venne scoperta un mese dopo, il 14 febbraio, in un pozzo di San Cipirello, ma era avvenuta con ogni probabilità dopo pochi giorni dal sequestro.

La Cassazione: ricorso inammissibile

E ora la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Vincenzo Bommarito, condannato all’ergastolo, rimasto per 4 anni in sospensione pena ma alla fine bocciato prima dalla Corte d’appello di Caltanissetta, che a luglio 2022 aveva rigettato la richiesta di revisione del giudizio, e ieri dalla seconda sezione della Cassazione, che non ha ritenuto di dover riaprire il caso sulla base delle nuove prove portate dalla difesa.

Il caso dunque, nonostante lo strenuo impegno dell’avvocato Cinzia Pecoraro e una campagna sostenuta dal programma di Italia 1, Le Iene, è di nuovo chiuso e per Bommarito c’è il carcere a vita da scontare.

Un sequestro anomalo

Quello di Pietro Licari era apparso come un sequestro anomalo sin dall’inizio. Per il luogo in cui era avvenuto, per la vittima scelta – facoltosa sì, ma non tanto da giustificare un rapimento – e soprattutto per il riscatto molto basso, appena 300mila euro, chiesto dai sequestratori. Gli inquirenti temevano che l’ostaggio fosse stato ucciso. E se ne erano praticamente convinti negli ultimi quindici giorni, visto che i rapitori non si erano più fatti sentire.

La testimonianza

A inchiodare Vincenzo c’è la testimonianza di un ragazzo, Giuseppe Lo Biondo, che al tempo lavorava per lui come bracciante. Entrambi conoscevano Licari e spesso avevano lavorato per lui nelle sue terre. Lo Biondo era stato ripreso dalle videocamere di sorveglianza mentre telefonava alla famiglia Licari per chiedere il riscatto. Una volta finito nelle mani delle autorità, ha fatto il nome di Vincenzo.