Lascia i domiciliari l’architetto del Comune di Palermo Giuseppe Monteleone dopo che sono scaduti i termini di custodia cautelare. Si tratta dell’ex dirigente dello Sportello unico delle attività produttive finito agli arresti domiciliari con altre sei persone, per concorso in corruzione al Comune di Palermo. Intento si muove anche la Procura di Caltanissetta, sulle accuse mosse dagli imputati nei confronti del loro ex giudice, che li condannò per gli abusi edilizi di via Miseno, a Mondello.

Intanto Monteleone “incassa” la scadenza dei termini di custodia cautelare. È stato arrestato nell’inchiesta Giano Bifronte, un’operazione che avrebbe fatto luce su un giro di tangenti all’Irfis, istituto di credito di cui la Regione Sicilia è azionista, non è più ai domiciliari visto che sono scaduti i termini di custodia cautelare, che, per l’ipotesi di corruzione «impropria» – la meno grave, quella a lui contestata – sono più brevi. Tre mesi anziché sei. Lo riporta il Giornale di Sicilia.

A Caltanissetta, intanto si indaga, su alcune segnalazioni anonime che gli indagati stavano preparando contro Marina Petruzzella, presidente della terza sezione del Tribunale, che decise sugli abusi di via Miseno. La questione emerse dalle intercettazioni dei carabinieri del Nucleo investigativo e dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria. Negli uffici del Comune di Palermo e in alcune abitazioni gli investigatori hanno sequestrato documenti di varia natura.

Restano ai domiciliari Mario Li Castri e Fabio Seminerio che devono rispondere di corruzione “propria”, cioè per un atto contrario ai doveri di ufficio. Sono accusati di aver ricevuto un vantaggio per fare qualcosa che non dovevano. Mentre per Monteleone l’ipotesi è che il vantaggio ricevuto o promesso sarebbe collegato a un atto conforme ai doveri d’ufficio. Anche Francesco La Corte, amministratore dell’impresa al centro dell’affare delle ex aree industriali dismesse, è libero. Ma la sua posizione è meno grave.